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COMUNE CONTRO SICURITALIA

Castelvecchio,
ora c'è il giallo
delle due versioni

E’ scontro tra Tosi e Sicuritalia sul furto a CastelvecchioUna volante della Polizia davanti a Castelvecchio la sera della rapina: il 113 fu allertato attorno alle 21
E’ scontro tra Tosi e Sicuritalia sul furto a CastelvecchioUna volante della Polizia davanti a Castelvecchio la sera della rapina: il 113 fu allertato attorno alle 21
E’ scontro tra Tosi e Sicuritalia sul furto a CastelvecchioUna volante della Polizia davanti a Castelvecchio la sera della rapina: il 113 fu allertato attorno alle 21
E’ scontro tra Tosi e Sicuritalia sul furto a CastelvecchioUna volante della Polizia davanti a Castelvecchio la sera della rapina: il 113 fu allertato attorno alle 21

«La guardia giurata doveva inserire l’allarme: questo e null’altro è quanto previsto dalle procedure. Sicuritalia non ha violato alcun obbligo contrattuale». A dieci giorni dal colpo del secolo, l’istituto di vigilanza che gestisce la sicurezza di Castelvecchio fornisce la propria versione di quello che è successo. E risponde così al sindaco Flavio Tosi, che aveva accusato la società di non aver rispettato il protocollo. A stretto giro di posta, però, arriva anche la controreplica del primo cittadino.

LA VERSIONE DI SICURITALIA. L’azienda (7.000 dipendenti, 50.000 clienti e 300 milioni di euro di fatturato) affida ad un comunicato la propria ricostruzione dei fatti: «Il museo chiude alle 19.30. Il servizio di chiusura svolto dalla Gpg (guardia particolare giurata) consiste nell’ispezionare le varie sale, nel chiudere le porte a chiave e, nel mentre, avvisare i visitatori che il museo sta chiudendo. Una volta finito il giro, provvede all’inserimento manuale dell’allarme antiintrusione del museo. L’orario d’inserimento dell’allarme è perciò variabile, in quanto dipende dal normale deflusso dei visitatori e dall’orario di uscita degli ultimi dipendenti del museo. La sera della rapina, la guardia si trovava correttamente nei pressi della biglietteria del museo con l’ultima custode rimasta, in procinto di completare il giro di ispezione, quando è stata assalita. È evidente», si legge, «che non ha avuto modo d’inserire l’allarme antintrusione del museo perché è stata immobilizzata prima che potesse completare il giro di ispezione. Questo e null’altro è quanto previsto dalle procedure contrattualizzate e questo è quanto Sicuritalia ha correttamente provveduto a fare».

LA REPLICA DI TOSI. In sostanza: nessun obbligo di avviare verifiche nel momento in cui non era stato inserito l’allarme. Una verità che il sindaco contesta immediatamente: «Sicuritalia nel suo comunicato stampa conferma il suo mancato rispetto delle procedure o dimostra addirittura di non conoscerle». A inizio anno Sicuritalia è subentrata nel contratto alla North East Services, che ha rilevato. «Il contratto», spiega il primo cittadino, «prevedeva il controllo dalla sede operativa esterna ai luoghi dotati di allarme attraverso “periferiche Gsm o Gprs bidirezionali” che possono “rilevare prontamente disinserimenti dell'impianto ad orari non previsti e l'eventuale mancanza di inserimento all'orario stabilito”». Tosi sostiene che l'obbligo dell'inserimento dell'allarme e del controllo remoto è sempre stato applicato da Sicuritalia: «L'unica manchevolezza, peraltro gravissima e a maggior ragione "stranamente anomala", è stata quella del giorno 19 novembre», attacca il sindaco. Che conclude: «Sicuritalia non spiega perché la Centrale operativa non abbia constatato il mancato inserimento dell'allarme e non abbia messo in atto gli interventi previsti, attivati peraltro pressoché alla stessa ora per altri quattro edifici comunali per ripristinare allarmi antifurto disinseriti o da verificare. Se l'istituto di vigilanza dichiara cose non rispondenti alla realtà dei fatti per tutelare i rapporti in essere con molti importanti clienti, anche noi a loro tutela siamo disponibili su richiesta a inoltrare a ciascuno copia degli obblighi contrattuali che legano Sicuritalia verso tutti gli immobili comunali da loro monitorati, compreso il museo di Castelvecchio».

DOV’È LA VERITÀ? Versioni clamorosamente difformi, quindi. E nelle eventuali (e probabili, a questo punto) dispute legali fra Comune e istituto tutto si giocherà sull’interpretazione di quello che è scritto nei contratti. Si può forse ipotizzare che, dove c’è una guardia, Sicuritalia non intervenga da remoto, mentre soltanto dove non c’è (come nelle scuole, appunto) si preoccupi di allarmi disinseriti o malfunzionanti? Altra supposizione: a Castelvecchio il sistema era progettato per evitare furti, non per scongiurare rapine. Che, storicamente, per rubare opere d’arte sono un evento estremamente raro.

«C’È IL VOLTO DI UNO DEI RAPINATORI». Intanto emerge un altro retroscena. Le telecamere di videosorveglianza infatti hanno messo a fuoco i volti di almeno uno dei tre rapinatori. A rivelarlo è lo stesso sindaco. «Sulle indagini», afferma, «posso dire che stanno proseguendo con grande impegno, di fatti singolari quella notte ne sono accaduti molti». E il fatto che l’auto usata dai rapinatori sia stata ritrovata a Brescia, a suo parere, non è rassicurante. «Segno che le tele le hanno trasbordate, per portarle altrove. Quindi non sono più a Verona... A meno che non si siano presi la briga di portarla là per depistare le indagini, ma mi sembra poco plausibile». Verona è tra le città più videosorvegliate d’Italia. Le telecamere hanno raccolto qualche elemento utile alle indagini? «Qualche volto lo si riesce a distinguere, ora si sta cercando di identificarli, di vedere se sono personaggi già noti alle forze dell’ordine oppure no... Ma si stanno sentendo anche le persone che si trovavano nel cortile di Castelvecchio perché uno dei banditi ha allontanato chi era presente, ed era a volto ancora scoperto ovviamente».

Enrico Santi Riccardo Verzè

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