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IL COLPO AL MUSEO

Castelvecchio,
blitz dei poliziotti
in Moldova

I banditi in azione a Castelvecchio
I banditi in azione a Castelvecchio
I banditi in azione a Castelvecchio
I banditi in azione a Castelvecchio

Il pool di investigatori che segue le indagini sulla rapina delle 17 tele dal museo di Castelvecchio, avvenuto il 19 novembre, da ieri si trova nella repubblica di Moldova. Un viaggio che era stato preventivato durante l’incontro che si è tenuto all’Aja, giovedì scorso, nella sede di Eurojust.

In quell’occasione gli investigatori si erano incontrati con i loro omologhi dell’Est. E avevano analizzato la situazione e considerato l’ipotesi di un cambio di strategia. E forse il viaggio, che potrebbe aver subito un’improvvisa accelerazione, ha proprio come missione quella di fare in modo di avere, con qualsiasi mezzo lecito, l’indirizzo del nascondiglio delle tele.

Da giorni si mormorava di un certo malcontento da parte di un gruppo di investigatori sulla strategia che era stata adottata. Qualcuno di loro aveva sussurrato che forse non si era scelta la tattica giusta scegliendo di entrare in azione per arrestare i malviventi quando ancora non si aveva contezza di dove fossero i quadri.

Il tempo ha fatto il resto: nessuno degli arrestati ha parlato. Forse perché non ha alcuna intenzione di farlo, nè adesso, nè mai. O forse, perché come spesso accade tutto ha un prezzo. E in questo caso il prezzo può essere inteso come riscatto, come libertà, come trasferimento, come garanzia di una vita tranquilla altrove senza il timore di ripercussioni da parte della mafia locale (dell’Est).

In fondo, la banda che ha messo a segno il colpo, prima di quella volta rubava di tutto, ma non capolavori dal valore inestimabile.

E paradossalmente quello che doveva essere il loro colpo più vantaggioso ha fatto sì che diventasse la loro condanna.

Perché se rubi biancheria, profumi, attrezzi da lavoro, le indagini non mancano, ma non sono tante e concentrate come quelle verso chi si porta via un patrimonio mondiale. E non mette insieme gli investigatori di mezza Italia con intercettazioni, pedinamenti, rogatorie, richieste di estradizione. La posta in gioco è troppo alta per lasciare qualcosa di intentato.

E così ieri poliziotti veronesi, romani, carabinieri romani e padovani sono partiti. Con un unico obiettivo, quello di trovare i quadri o fare in modo che i loro ladri indichino qualcosa che possa portare a recuperare i capolavori. Tra loro anche il dirigente della Mobile, Roberto di Benedetto, che già s’era alzato alle quattro del mattino per l’operazione che ha sgominato la banda di Sinti che rubava nelle case.

Perché se è vero che gli inquirenti sono stati bravi a individuare i responsabili, altrettanto lo è che alla maggioranza di noi interessa che vengano recuperate quelle tele. Anche se i ladri dovessero recuperare la libertà. Anche perché prima o poi, in ogni caso accadrebbe. Finito di scontare la pena. Tanto vale «patteggiare»?

Alessandra Vaccari

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