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INCHIESTA PARTITA DA CESENA

Caporalato a Verona
Immigrati sfruttati:
cinque arresti

Smantellata rete di caporalato
Smantellata rete di caporalato
Smantellata rete di caporalato
Smantellata rete di caporalato

La guardia di finanza di Cesena ha smantellato oggi una rete di caporali che sfruttava il lavoro di stranieri irregolari nelle aziende agricole della provincia di Forlì, Ravenna e Verona.

 

I finanzieri hanno arrestato cinque persone, tutte di nazionalità marocchina, e indagato altri quattro a piede libero. Le indagini hanno permesso di documentare le condizioni di sfruttamento dei dipendenti di tre cooperative di proprietà degli indagati.

 

I lavoratori percepivano stipendi da fame «tanto da non poter comprare il pane per sfamarsi» ed erano costretti a vivere «ammassati in due abitazioni di Cesena tra escrementi e sporcizia». Individuati dieci lavoratori senza permesso di soggiorno, alcuni dei quali impiegati per l’inoculazione di vaccini antivaiolo ad animali, e 38 senza contratto.

 

La Guardia di Finanza di Forlì-Cesena ha lavorato in collaborazione con i colleghi di Soave nei confronti di un’associazione criminale dedita al reclutamento ed allo sfruttamento di cittadini extracomunitari che venivano impiegati in aziende agricole del forlivese, del ravennate e del veronese. Gli arrestati rispondono di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e di impiego di lavoratori privi di permesso di soggiorno, mentre per gli indagati il reato ipotizzato è aver reso false dichiarazioni alla polizia giudiziaria per consentire agli arrestati di eludere le investigazioni in corso.

 

Le indagini, svolte anche con intercettazioni telefoniche nei confronti dei «caporali», hanno documentato le condizioni di sfruttamento cui erano sottoposti i dipendenti di tre società cooperative di proprietà degli indagati che «ottenevano lavori in appalto da numerose aziende agricole locali - precisa una nota delle Fiamme Gialle - per le quali svolgevano lavoro di facchinaggio e, più in particolare, procedevano ad ingabbiare gli animali per la successiva vendita.

 

In tale contesto è stato rilevato che gli animali subivano maltrattamenti in quanto maneggiati da soggetti inesperti». I lavoratori «percepivano retribuzioni in modo difforme o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato. Inoltre erano sottoposti a situazioni degradanti.

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