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Caldo e siccità, scatta l’allarme
per coltivazioni e allevamenti

Due ragazze si rinfrescano immergendosi nell’Adige... con qualche rischio FOTOSERVIZIO MARCHIORI
Due ragazze si rinfrescano immergendosi nell’Adige... con qualche rischio FOTOSERVIZIO MARCHIORI
Due ragazze si rinfrescano immergendosi nell’Adige... con qualche rischio FOTOSERVIZIO MARCHIORI
Due ragazze si rinfrescano immergendosi nell’Adige... con qualche rischio FOTOSERVIZIO MARCHIORI

Oggi, molto probabilmente, sarà il giorno della tregua. Secondo le previsioni, il caldo torrido di questo ultimo periodo lascerà il passo a qualche perturbazione diffusa che dovrebbe regalare qualche goccia di pioggia.

Una manna dal cielo non solo per le migliaia di veronesi che stanno soffrendo l’ondata di calore che ha fatto schizzare le colonnine della temperatura a 36 gradi ma anche e soprattutto per l’agricoltura.

«La situazione è difficile e nel giro di una settimana o poco più potrebbe diventare drammatica”» lancia l’allarme il presidente di Coldiretti Claudio Valente. Così poca acqua e così tanto caldo nei primi sei mesi dell’anno, infatti, non si erano mai verificati. E si tratta di un binomio potenzialmente disastroso.

La disponibilità di acqua sul territorio è inferiore del 50per cento rispetto ai normali volumi. E, da inizio anno, le temperature sono mediamente di due gradi superiori alla media. «Dal 1880, da quando si effettuano le misurazioni, è il dato peggiore. E si tratta di una situazione diffusa: non ha piovuto e nevicato non solo nel veronese ma anche in quelle zone dell’Alto-Adige che di solito consentono poi anche a valle un approvvigionamento d’acqua sufficiente durante l’estate», prosegue Valente.

Gli effetti ancora non si contano ma ci sono e sono in continuo aumento. «I consorzi di bonifica, fino ad oggi, sono stati bravi a tamponare l’emergenza riuscendo a garantire l’irrigazione. Ma se non piove, non credo sarà più possibile», analizza il presidente di Coldiretti.

Nelle colture a ridosso della città, nell’agro veronese, i rischi maggiori li stanno correndo le piante da frutto: pesche, kiwi, pere e mele.

«Se si trovano nei fondi sabbiosi con ghiaino e poca zona fertile, è in pericolo non solo il raccolto di quest’anno ma la stessa sopravvivenza delle piante», spiega Valente. Nella bassa, è la seconda semina dei cereali – soia, mais, grano, effettuata in questi giorni – a rischiare di non attecchire nemmeno. In un quadro potenzialmente drammatico, non è esente da rischi nemmeno il comparto dell’allevamento. Sul Baldo e nei lessini, i prati iniziano ad essere secchi e l’erba dei pascoli potrebbe presto non essere più sufficiente a foraggiare gli animali.

E a questo si aggiunge l’emergenza idrica: in Lessinia molte pozze dell’altopiano sono già asciutte o quasi prive d’acqua.

«Stiamo discutendo su più fronti su come affrontare questa situazione. Questo è l’anno peggiore ma è da circa un decennio che assistiamo a una progressiva tropicalizzazione del territorio», spiega il presidente di Coldiretti.

Dal punto di vista strutturale, gli interventi potrebbero riguardare la costruzione di dighe e vasche di contenimento in grado di raccogliere e sfruttare in momenti di siccità le precipitazioni dei mesi più piovosi. Sul fronte dei prodotti, invece, sono allo studio forme diverse di colture che necessiteranno di un minore approvvigionamento d’acqua. «Senza cambiare nella sostanza ma scegliendo qualità diversi, ad esempio di masi o altri cereali e frutti, che riescano meglio a fronteggiare la prolungata assenza di acqua», precisa Valente.

Si tratta comunque di interventi che possono dare risultati sul medio e lungo tempo. Per ora, l’unica possibilità di evitare danni ingenti che potenzialmente potrebbero mettere in ginocchio interi comparti produttivi, è la pioggia. «Se piove, siamo salvi. Ma deve piovere tanto. E bene. Le precipitazioni tipiche di questi mesi, invece, sono le cosiddette bombe d’acqua che rischiano di fare più male che bene», chiude Valente.

Ilaria Noro

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