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Brucia di notte il rifugio Castelberto,
nessun ferito ma i danni sono ingenti

Il rifugio Castelberto in Lessinia, nel Comune di Erbezzo, a quota 1.765Il camino da cui si sono sprigionate le scintille
Il rifugio Castelberto in Lessinia, nel Comune di Erbezzo, a quota 1.765Il camino da cui si sono sprigionate le scintille
Il rifugio Castelberto in Lessinia, nel Comune di Erbezzo, a quota 1.765Il camino da cui si sono sprigionate le scintille
Il rifugio Castelberto in Lessinia, nel Comune di Erbezzo, a quota 1.765Il camino da cui si sono sprigionate le scintille

C’è stata tanta paura e si contano diversi danni ma non ci sono state conseguenze per le persone nell’incendio di venerdì notte al rifugio Castelberto nel Comune di Erbezzo, in Lessinia.

L’allarme è scattato per i vigili del fuoco di Verona alle 0.22 quando è arrivata la chiamata dal gestore che chiedeva aiuto. Con lui erano presenti quattro escursionisti che avevano deciso di passare la notte al rifugio. Secondo il racconto che il gestore ha fornito a Giuliano Scandola, titolare con il fratello Graziano della struttura, il camino del pianoterra sarebbe stato caricato di legna come di consueto perché nella notte la combustione mantenesse il tepore nella grande sala da pranzo. Sarebbe poi stata chiusa l’anta di vetro temperato e resistente alle alte temperature per impedire l’uscita di scintille e tutti i presenti sarebbero saliti nelle camere da letto al piano superiore. Pare che il calore sprigionato dal camino abbia provocato lo scoppio del vetro e scintille e lapilli siano finiti tutto intorno nella sala dove arredamento e rivestimento sono completamente in legno provocando l’inizio di combustione. L’odore del fumo ha svegliato gestore e ospiti che però si sono dovuti calare dalle finestre del piano superiore perché era impossibile uscire dal rifugio scendendo al piano terra, già invaso dal fumo.

Da Verona sono saliti tre mezzi, un piccolo camion, un fuoristrada e un’autobotte, mentre da Ala giungeva un altro mezzo con i vigili del fuoco volontari trentini. Una dozzina di uomini erano così impegnati nello spegnimento del principio di incendio e sono rimasti sul posto fino alle 4.20 di sabato mattina. Escursionisti e gestore sono stati trasferiti per precauzione in parte all’ospedale di Borgo Trento e in parte in quello di Borgo Roma per controlli sanitari, avendo respirato molto fumo. Sono già stati tutti dimessi senza conseguenze per la loro salute. La struttura portante è stata salvata. «I danni strutturali sono relativi: alcune travi del soffitto del piano terra sono bruciacchiate, ma sono recuperabili e non è compromessa la stabilità del piano superiore», conferma Giuliano Scandola, «ma sono ingentissimi i danni a tutto l’arredamento su entrambi i piani perché il fuoco ha distrutto gran parte di mobili, rivestimenti e suppellettili, mentre al piano superiore ha annerito pareti e mobili. Purtroppo dovremo tener chiuso per tutto l’inverno e a questo punto augurarci anche di poter salire presto con le ditte per il restauro e il ripristino della struttura entro la primavera. Già domenica (oggi, ndr) è annunciata neve e questo ritarderà l’avvio dei lavori».

Il rifugio a quota 1.765 metri era stato aperto dai fratelli Graziano e Giuliano Scandola nel 2011 in ricordo del padre Michelangelo che li portava lassù da bambini con le vacche al pascolo. Era una caserma militare di confine andata distrutta, che i fratelli Scandola acquistarono nel 2009 quando i ruderi furono messi in vendita e nel ricordo del padre, come recita la lapide all’esterno del rifugio, fu ricostruito e destinato al turismo escursionistico. Situato all’interno del Parco naturale regionale della Lessinia è posto nel punto geografico più a nord di tutto il Veronese, osservatorio privilegiato sulla Val d’Adige, sull’intera Lessinia e sull’arco alpino, una finestra sempre aperta sulla pianura e sulle Alpi. L’intervento di restauro permise di ricavare un salone per 40 coperti, un plateatico da 60 posti e 14 letti al piano superiore. I proprietari si mossero con la delicatezza e l’attenzione che il luogo richiedeva, curando il recupero con i principi della bioarchitettura investendo i risparmi della propria famiglia senza chiedere contributi pubblici e coinvolgendo nel progetto aziende e artigiani della zona.

Vittorio Zambaldo

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