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Blue Whale,
a Verona 10 i casi
del gioco fatale

Non una bufala mediatica, ma un’emergenza da affrontare: dalla Russia è purtroppo approdato nel Veronese il «Blue Whale Game», emulazioni o «gare» a colpi di foto e video in situazioni pericolose che una community impone di realizzare a minorenni in «50 giorni» e che hanno come epilogo la morte, gettandosi da un edificio. Al momento sono una decina i casi, ragazzi veronesi dai 12 ai 15 anni, soli davanti allo smartphone con la loro tristezza irrisolta, fortunatamente giunti al Punto Ascolto Disagio Scolastico prima di arrivare a conseguenze estreme.

Adescati anche da coetanei tramite Facebook o altri social network o chat, sono stati manipolati da persone che, proprio facendo leva sulla loro situazione di isolamento, sulla vulnerabilità e sul loro bisogno di conferme, li hanno poi stimolati a commettere azioni a rischio sempre più elevato: da marinare la scuola a digiunare, a tagliarsi, a salire sul tetto di un palazzo imponendo loro di documentare l’impresa tempestivamente o dal vivo, senza ricorrere a video fasulli o foto ritoccate.

In un caso una ragazza che aveva fornito foto in pose erotiche a un presunto ammiratore, è stata poi minacciata di divulgarle online se la minorenne non avesse postato in un tempo limite di poco meno di un’ora altre foto che testimoniassero di aver vinto sfide più estreme.

L’attenzione degli esperti sul «Blue Whale Game» e sui giochi ad alto rischio è elevata, non basta togliere il cellulare, occorre un intervento di rete tempestivo: «Oggi molti giochi online istigano bambini e ragazzi alla violenza o li rendono dipendenti, dietro a una chat non possono sapere chi si nasconde», spiega la psicologa Giuliana Guadagnini, Responsabile del Punto Ascolto Disagio Scolastico che da un decennio crea un ponte psicologico tra scuola, istituzioni e famiglie.

«Ai genitori l’invito a non lasciarli con il cellulare senza controllo, soli e connessi, e invece a sapere a cosa giocano i loro figli informandosi sui rischi che corrono».

I casi di «Blue Whale Game» sinora riscontrati presentano forme di autolesionismo in varie parti del corpo associate a sfide legate agli step del gioco, compiute sotto la minaccia di ritorsioni personali o contro amici e familiari. «Colpisce anche il fattore emulazione, che noi adulti dovremmo impedire e gestire, perché alcuni imitano i compagni anche senza essere iscritti a piattaforme semplicemente perché ne sentono parlare», continua Guadagnini. «Il pericolo del Blue Whale Game è che in un certo modo asseconda tristezza, autolesionismo ed isolamento, tipici del mondo adolescenziale». Un pericolo da non sottovalutare. Basti pensare che il «Blue Whale Game», dal nome apparentemente inoffensivo come «Gioco della Balena blu», in poco più di sei mesi ha mietuto nel mondo un centinaio di giovani vittime dopo ricatti online e lavaggi del cervello che le ha spinte a rimanere incastrate nell’ingranaggio perverso della sfida letale.

E mentre si auspica che questa decina di casi nel Veronese rimanga un fenomeno isolato, il consiglio della Polizia postale, per evitare problemi e svolgere una efficace prevenzione, è sempre uno: creare un dialogo con i ragazzi attivando una rete a partire dai compagni di scuola e comunicare le situazioni sospette. Se un ragazzo, infatti, difficilmente parla con i genitori e confida a un coetaneo di essere caduto nella spirale di un gioco pericoloso come «Blue Whale Game» e il suo compagno lo segnala, si può ancora sperare di arrivare in tempo per salvarlo. 

M.SOMM.

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