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Bertucco fa «Piazza pulita»
Il Pd: «Scelta incomprensibile»

Michele Bertucco ieri all’annuncio della sua uscita dal Pd per formare un gruppo autonomo FOTO MARCHIORI
Michele Bertucco ieri all’annuncio della sua uscita dal Pd per formare un gruppo autonomo FOTO MARCHIORI
Michele Bertucco ieri all’annuncio della sua uscita dal Pd per formare un gruppo autonomo FOTO MARCHIORI
Michele Bertucco ieri all’annuncio della sua uscita dal Pd per formare un gruppo autonomo FOTO MARCHIORI

«Una storia nuova». Così Michele Bertucco “titola“ il suo addio al gruppo consiliare del Pd, di cui era stato capogruppo fino a qualche settimana fa, per dar vita a Piazza pulita. Gruppo di cui sarà l’unico rappresentante. Una lista civica con questo nome faceva già parte, nel 2012, della coalizione che l’aveva candidato a sindaco della città. Iscrittosi al Pd per la prima volta nel 2012, «nel 2016 non ho rinnovato la tessera» chiarisce. «Mai visto questo Pd tanto distante da me». Lo strenuo oppositore alla Giunta del sindaco Flavio Tosi ha già comunicato lunedì la decisione al suo gruppo consiliare. «Ma non», taglia corto, «alle segreterie del partito».

In questa scelta, in molti leggono però un trampolino di lancio in vista di una candidatura a sindaco, a sinistra del Pd, alle amministrative di primavera. «Il mio impegno in Consiglio riguarda i prossimi quattro mesi ma non nego che mi sia stata chiesta la disponibilità a candidarmi, farò le mie valutazioni anche se la mia prospettiva è quella di entrare a far parte della segreteria nazionale della Fisac Cgil di Unicredit, incarico incompatibile con qualsiasi carica amministrativa».

L’addio di Bertucco, tuttavia, non è un fulmine a ciel sereno. «Tutto è cominciato con la mia presa di posizione per il no al referendum, poi sono stato defenestrato da capogruppo e ora si avvicinano i due referendum promossi dalla Cgil sui quali le mie posizioni sono diverse rispetto al Pd». Il consigliere parla di «scelta sofferta» ma anche di «amarezza». E soprattutto, esclama, «mi amareggia che il sindaco Tosi e le segreterie del Pd si siano trovate concordi nell’auspicare un “cambio di passo“». Ma, dice, «alla base della decisione non c’è solo il fatto di essere stato giubilato, con modalità opache, da capogruppo». A suo parere «sono venute a mancare le condizioni per un rapporto libero e leale». Bertucco, poi, accusa il Pd di «aver cambiato pelle, soprattutto nei suoi nuovi vertici, locali e nazionali» e registra che «ad oggi il centrosinistra non ha la prospettiva di un candidato né una base programmatica. E», aggiunge, «non saranno certo le primarie del Pd, che non ha ancora chiarito la sua ambiguità nei confronti della disastrosa amministrazione uscente, a cambiare questa situazione. Per quanto mi riguarda», conclude, «non intendo partecipare ai giochetti dei veti incrociati tra i tanti che a vario titolo si dicono convinti di avere in tasca la ricetta per vincere le elezioni». Parole pesanti, ma il suo, sottolinea, è un addio senza rancori: «Ora avrò più autonomia, ma penso che si potrà continuare a collaborare».

Alle parole di Bertucco replicano i segretari provinciali e cittadino Alessio Albertini e Orietta Salemi e il capogruppo Luigi Ugoli. «Non comprendiamo le ingenerose accuse nei confronti di un partito che lo ha candidato sindaco, ne ha accolto l’azione anche in questi mesi di limbo nei quali ha tenuto in sospeso sulle sue decisioni l’intero gruppo consiliare, determinando incrinature e qualche fatica nelle relazioni». E assicurano che, «soprassedendo anche alle sue intemperanze politiche» gli avevano offerto un ruolo di primo piano nella possibile nuova squadra di governo nel caso di vittoria alle amministrative. Un modo», evidenziano, «per valorizzare anche le sue competenze nel rispetto anche del pluralità di idee che contraddistingue il Pd».

Per Albertini, Salemi e Ugoli, tuttavia, Bertucco «ha preferito ancora una volta non giocare in squadra ma andare in solitaria ed essere unico protagonista di una battaglia che si vince insieme, con attenzione anche alle sfumature, non sempre con il coltello tra i denti». E contestano una scelta che, a loro dire, «punta a dividere anziché allargare il fronte di coloro che vogliono una Verona diversa rispetto a quanto stiamo vivendo in questi anni».

Enrico Santi

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