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Dopo il colpo milionario

Arte rubata,
sicurezza doppia
a Castelvecchio

L'ingresso del Museo di Castelvecchio
L'ingresso del Museo di Castelvecchio
L'ingresso del Museo di Castelvecchio
L'ingresso del Museo di Castelvecchio

Ci voleva la razzia di 17 dipinti di inestimabile valore per raddoppiare la vigilanza al museo di Castelvecchio. Applicando quelle che, in un’intervista al nostro giornale, Marco Goldin, storico dell’arte e organizzatore di mostre in collaborazione con i più importanti musei internazionali, definisce le «più elementari» norme di sicurezza. Entrando, alla biglietteria troviamo due agenti della polizia municipale muniti, ovviamente, di pistola d’ordinanza. Fino al «furto del secolo» di giovedì sera, nelle ore diurne non era prevista alcuna vigilanza armata. All’ingresso e nelle numerose sale c’era solo il personale del Comune: 11 persone.

Inoltre, ed è questo il provvedimento più importante, le guardie armate di Securitalia adesso sono due. Una, alle 19.30, orario di chiusura al pubblico, prende le consegne dall’addetto alla biglietteria per poi controllare le sale espositive e infine, entro le 20, attivare l’allarme in grado di rilevare la presenza di estranei. E, diversamente da come si è proceduto finora, ora c’è una seconda guardia che rimane, dietro una porta blindata, nella control room davanti agli schermi sui quali scorrono le immagini riprese dalle telecamere nelle sale.

Ieri, giornata di grande afflusso, l’ultimo visitatore è uscito intorno alle 19,15 ed è stato accompagnato al portone dal vigilante «esterno», mentre il collega rimaneva nella sala di controllo.

Nella sua denuncia sulle carenze nella messa in sicurezza del museo - che tra l’altro, nel 2013 gli aveva prestato due dei capolavori che sono stati rubati per la mostra sul ritratto in Gran Guardia - il direttore di Linea d’Ombra era stato durissimo: «Non può esistere una procedura come quella adottata a Castelvecchio perché se capita qualcosa all’unica guardia presente chi controlla, chi lancia l’allarme?». E a riprova che gli autori del colpo conoscessero bene i punti deboli del sistema - l’ora del passaggio delle consegne fra personale e guardia giurata - c’è il fatto che abbiano raggiunto i loro obiettivi, i dipinti di Pisanello, Tintoretto, Rubens, Mantegna, Bellini, Caroto, de Jode e Benini, salendo a ritroso la scala che porta all’uscita. Segno che conoscevano perfettamente procedure e logistica. Evidentemente il colpo era stato preparato con cura. Intanto molti visitatori ieri oltre che sulle numerose opere d’arte «sopravvissute», si sono soffermati sulle targhette che indicano i quadri che adesso si trovano nelle mani di criminali senza scrupoli. «Come è potuto accadere? Speriamo che li recuperino e che qualcuno paghi per questo scempio» sussurra Nicoletta, impiegata in un’agenzia di viaggi, arrivata con un’amica dalla provincia di Padova. All’esterno, il cartellone che indica l’entrata riporta l’immagine della splendida Madonna della quaglia di Pisanello. Simbolo del museo. I turisti devono accontentarsi di ammirarla lì e sui magneti in vendita al bookshop.

Anche a Palazzo Forti, dov’è in svolgimento la mostra dedicata a Tamara de Lempicka, sono state rafforzate le misure di sicurezza. I visitatori ora entrano da un unico ingresso. E, in una sala a parte, un’addetta si dedica esclusivamente a visionare le immagini delle telecamere.

Enrico Santi

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