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Alcune opere
rischiano di subire
danni irreparabili

Giuseppe Dinetto
Giuseppe Dinetto
Giuseppe Dinetto
Giuseppe Dinetto

Verona piange i suoi capolavori trafugati dal Museo di Castelvecchio. Ma allo sbalordimento e alla rabbia ora subentra la paura. Paura che quelle tavole e tele preziosissime possano subire danni e sfregi irreparabili dovuti al trasporto o alla cattiva conservazione, magari in luoghi infestati da tarli e parassiti. E il pericolo è reale. Lo conferma il restauratore Giuseppe Dinetto, direttore tecnico del laboratorio Nuova Alleanza di Ponzano Veneto: lui si è occupato, per diverse mostre veronesi, di verificare la conservazione delle opere d’arte esposte; una perizia sempre necessaria quando vengono movimentati dipinti di valore. Una delle tavole rubate, il San Girolamo penitente di Jacopo Bellini, era stato controllato da Dinetto nel 2013 nell’ambito della mostra sul ritratto curata da Marco Goldin in Gran Guardia.

Quali pericoli corrono le opere trafugate dal Museo di Castelvecchio?

Ci sono innanzitutto danni diretti, che possono essere arrecati da una manipolazione maldestra. Basta un piccolo urto, per esempio, e il colore rischia di saltare via, con una perdita immediata di materia pittorica. Una movimentazione grossolana può provocare pure l’allentamento o il distacco delle antiche cornici. Ma le opere sono minacciate da molti altri nemici, non meno pericolosi...

A cosa si riferisce?

Il primo è l’umidità. Quando i dipinti vengono fatti uscire dai musei per essere esporti nelle rassegne, il loro trasporto avviene nei «climabox», speciali contenitori che garantiscono una temperatura e soprattutto un tasso di umidità ottimali, affinché i materiali non subiscano alterazioni. Un altro rischio è l’esposizione alla luce diretta, che può ossidare le vernici originali, rendendole lattiginose e opache. Infine, ma non ci voglio nemmeno pensare, c’è l’incognita tarli: se le opere rubate venissero nascoste in un luogo infestato dagli insetti potrebbero restare seriamente danneggiate.

Quali, fra le opere rubate da Castelvecchio, rischiano secondo lei i danni maggiori?

Il Mantegna, in particolare, è delicatissimo: solo lo sbalzo di temperatura può rovinarlo. Mi si sono drizzati i capelli in testa quando ho saputo del suo furto. Nella seconda metà del Quattrocento, Andrea Mantegna iniziò a dipingere su tessuto quando la tecnica era agli albori e non ben sviluppata. Quasi tutti gli artisti, infatti, dipingevano ancora su tavola. Solo nel Cinquecento si sostituirono i colori a tempera con quelli a olio, perché resistessero più a lungo sulle tele di lino o di canapa. Ciò fa della Sacra famiglia con una santa un esemplare raro e prezioso, ma assai fragile.

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