<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

A Verona ci sono sei città Centro in mano ai single

Verona vista dall'alto
Verona vista dall'alto
Verona vista dall'alto
Verona vista dall'alto

Una sola Verona. Ma la compongono sei città. «Paesaggi sociali», racchiusi nell’indagine voluta dalla Cisl ed elaborata dal Consorzio Caire sulla base di dati Istat per il periodo 2001 - 2011. «Una fotografia a disposizione di tutti per fornire una base solida alle scelte future», sintetizza il segretario provinciale, Massimo Castellani nel corso della presentazione all’auditorium della Camera di Commercio. «Il sistema veronese, al contrario di quelli veneto e emiliano, entrambi in crescita costante, si è rivelato piuttosto fermo sul fronte delle interconnessioni. A dispetto della centralità che è una delle chiavi del suo successo», spiega Giampiero Lupatelli, curatore della ricerca. Dorme, in sostanza, sugli allori. «Un dato su cui», aggiunge, «vale la pena riflettere». SEI E UNA. Sono sei le città: quella «di qualità» delle frazioni e l’altra dell’obsolescenza, insieme con il nucleo storico, la parte «residenziale ad alta densità», le zone dedicate a «produzione e servizi» e le periferie popolari. Ciascuna ha caratteristiche proprie. Appena fuori dal contesto urbano lievitano superficie (118 metri quadrati) e tasso di proprietà degli edifici, con otto persone su cento obbligate al pendolarismo «e limiti nella costruzione del tessuto sociale». Situazione differente nei quartieri costruiti nel secondo dopoguerra (1946-1961), con molte case da riqualificare, altissima densità abitativa, elevato tasso di disoccupazione (7,7 per cento) e forte presenza (29,2) di residenti stranieri. IL CENTRO. La città antica si segnala per l’alto tasso di istruzione (69,1 per cento), la forte presenza di immobili «pre-1919» e nuclei composti da una sola persona. «Non un segno di invecchiamento», specifica Lupatelli, «ma una caratteristica legata a fattori economici». La città «residenziale a elevata densità» equivale, anche per popolazione ma con minori criticità sociali e abitative, all’«obsolescente»: entrambe «cintura urbana» ma su pieni differenti. ALTO E BASSO. Ben diverse le «periferie popolari», modeste sotto il profilo abitativo e ad alto tasso di pendolarismo. Protagoniste di un fenomeno chiaro: «Il movimento nei due sensi, dal basso verso l’alto e viceversa», spiega il curatore della ricerca. Ceti periferici che salgono verso i quartieri residenziali e classe media in crisi che scende verso le zone meno appetibili, «obsolescenti», appunto. L’ALTRA CITTÀ. Capitolo a parte per la parte urbana destinata a produzione e servizi: indice di invecchiamento alle stelle (526,5 per cento), costruzioni non recenti (il 15,5 è post 1991) con solo 41 immobili su cento usati come residenza. «Serve un’idea della città che verrà e io la mia ce l’ho», aveva detto in apertura dell’incontro il sindaco Federico Sboarina. «Stiamo lavorando intensamente, per il recupero di alcune aree, pronunciando anche “no“ pesanti in altri casi, per insediamenti commerciali in zone già troppo gravate». URBANISTICA. «Non si deve innescare il degrado», esordisce l’assessore all’Ambiente, Ilaria Segala. L’esempio di Veronetta «quartiere storico in cui la difficoltà di mantenere gli immobili aveva causato il crollo degli affitti e l’afflusso dei soli ceti più bassi, con i problemi che si erano registrati, non va assolutamente replicato altrove». Gli strumenti «come la “variante 23“ in discussione» saranno presto disponibili. «Ma ci sono processi meno visibili, più piccoli e legati al riuso temporaneo, come potrebbe essere per alcune palazzine dell’Arsenale», spiega, «che possono fungere da modello virtuoso». VERONETTA. La cittadella universitaria, in una zona un tempo considerata un «Bronx» veronese è il «caso». La racconta il rettore, Nicola Sartor, ricordando come «la guarnigione austriaca di un tempo, 20 mila soldati, sia stata pacificamente rimpiazzata da 25mila studenti». Il complesso di Santa Marta, il suo recupero di prossimo completamento con la sistemazione del secondo «silos» e la rivitalizzazione della zona, ora fanno scuola. «Fondamentali sono l’interazione tra pubblico e privato e la coscienza di dovere investire a lungo termine, con continuità. La vita che oggi c’è a Veronetta, magari chiassosa, è sempre meglio del silenzio in cui cresce il disagio». Verona oggi? Come a un colloquio scolastico: una figlia(madre in realtà) che impegnandosi può fare meglio. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Mozzo

Suggerimenti