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«25 aprile, chi non fa festa non è degno della libertà»

Il corteo guidato dal gonfalone della città decorato con la medaglia d’oro per la Resistenza da piazza Bra si dirige verso piazza Viviani FOTO MARCHIORIIl sindaco  Sboarina con il vicepresidente della Provincia Caldana
Il corteo guidato dal gonfalone della città decorato con la medaglia d’oro per la Resistenza da piazza Bra si dirige verso piazza Viviani FOTO MARCHIORIIl sindaco Sboarina con il vicepresidente della Provincia Caldana
Il corteo guidato dal gonfalone della città decorato con la medaglia d’oro per la Resistenza da piazza Bra si dirige verso piazza Viviani FOTO MARCHIORIIl sindaco  Sboarina con il vicepresidente della Provincia Caldana
Il corteo guidato dal gonfalone della città decorato con la medaglia d’oro per la Resistenza da piazza Bra si dirige verso piazza Viviani FOTO MARCHIORIIl sindaco Sboarina con il vicepresidente della Provincia Caldana

«Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?». Quando il rabbino recita in ebraico il salmo 121, il silenzio avvolge l’intera piazza Bra. È la forza della parola che risuona contro l’orrore di cui ogni 25 aprile si ricorda la fine. La preghiera conclude la cerimonia, sulle note del Silenzio, di deposizione delle corone di fiori ai monumenti ai caduti di tutte le guerre, al partigiano e alla targa ai deportati nei lager nazisti. LE CERIMONIE ufficiali del 25 Aprile erano cominciate con la celebrazione di una messa davanti a Palazzo Barbieri, seguita dall’alzabandiera alla presenza del sindaco Federico Sboarina, che poi ha partecipato al corteo guidato dal gonfalone della città, medaglia d’oro per la Resistenza al valor militare, fino in piazza Viviani. Lì ad omaggiare i caduti nella battaglia in difesa del palazzo delle Poste e della Caserma Campofiore, il 9 settembre 1943, e che permise a oltre tremila militari di evitare la prigionia o la rappresaglia da parte dei tedeschi, c’è l’assessore Edi Maria Neri. Non è mancata qualche contestazione e contro il sindaco, dai lati del corteo, sono partite grida di «Fuori i fascisti dal corteo». «Siamo tutti figli di Noè», continua il rabbino, «e dobbiamo rispettare le leggi che accompagnano l’umanità: non uccidere, non rubare, rispettare la famiglia, gli animali, amare la giustizia». Poi da un settore della piazza riunitasi sotto il monumento al Partigiano parte il canto di «Bella ciao». In tanti si uniscono al coro improvvisato. Ma ad accompagnare il passaggio dei rappresentanti istituzionali, delle Forze Armate, delle associazioni d’arma, dei partigiani e dei deportati, a differenza degli anni scorsi, non c’è la banda musicale di Grezzana e la cosa non sfugge. «Più che una festa sembra un funerale» protesta qualcuno tra i presenti. Qualche minuto prima, il corteo - ci sono anche i deputati del Pd Diego Zardini e Alessia Rotta e i senatori Cinzia Bonfrisco (Lega) e Vincenzo D’Arienzo (Pd) - aveva fatto sosta alla sinagoga davanti alla targa in memoria della medaglia d’oro Rita Rosani e per ricordare il «notevole contributo alla liberazione della Patria e alla lotta contro gli invasori» da parte della Brigata ebraica. «Dopo la liberazione la prima cosa che facemmo fu riaprire le scuole» sottolinea uno dei presenti. IN GRAN GUARDIA, il relatore ufficiale è il presidente emerito dell’Anpi, Carlo Smuraglia, che inizia il suo intervento citando Cesare Zavattini: «Aspetto con ansia il giorno dove buon giorno vuol dire veramente buongiorno». E il 25 aprile, afferma, «è innanzitutto un giorno di festa perché bisogna sentirsi felici come lo era il popolo italiano 73 anni fa per la fine della guerra e la ritrovata libertà... La democrazia ci consente oggi di essere qui, magari con idee diverse, e di festeggiare insieme questa data, ecco perché oggi è un buon giorno». Il relatore bolla poi come sciocco «il chiacchiericcio di chi mette in discussione l’attualità della ricorrenza. «Quale Paese», esclama, «non festeggia i suoi momenti più importanti? Chi non sente l’orgoglio della propria storia non è degno di vivere in una democrazia». La Resistenza, osserva poi Smuraglia, segnò l’irruzione sulla scena politica delle donne. «Tina Anselmi», dice a tale proposito, «scrisse “noi odiavamo le armi e la morte ma eravamo pronte a imbracciare le armi per sfidare la morte affinché ci fosse la vita“». E conclude: «I caduti erano persone con sogni, speranze, desideri, attese, nostro dovere è realizzare i loro sogni di libertà e di democrazia in un Paese che, come recita l’articolo 11 della Costituzione, ripudia la guerra». IL PRIMO a intervenire in Gran Guardia è il prefetto Salvatore Mulas che auspica «una memoria condivisa sulla liberazione dalla barbarie del nazifascismo e dalla guerra» per reagire contro «i rigurgiti di nostalgia totalitaria cui assistiamo». Per la Provincia parla il vicepresidente Pino Caldana, mentre viene interrotto dai fischi, quando dice che «chi delinque non è degno di diventare cittadino italiano», Edoardo Poli, presidente della Consulta della scuola. A nome del sindaco Sboarina, l’assessore Neri ribadisce: «I valori non devono essere dati per scontati ma difesi tutti i giorni, senza coloro che hanno saputo compiere piccoli e grandi atti di eroismo non ci sarebbe l’Italia democratica di oggi». E la conferma che nulla dev’essere dato per scontato arriva da una nota di Forza Nuova: «Nessuna festa, il 25 aprile è il giorno del disonore». •

Enrico Santi

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