ZEVIO. Ieri sera, a Zevio, alla grande afa si è aggiunto un fumo nero dall'odore pestilenziale. Quello emanato dall'incendio scoppiato in un capannone della Transeco servizi ecologici e ambientali, società controllata dall'Amia del gruppo Agsm di Verona. Le fiamme si sono propagate poco dopo le 19 in un capannone-deposito aperto, liberando una colonna di fumo nero che oscurava l'ampio piazzale della ditta per poi dirigersi verso il capoluogo-Santa Maria. Il capannone conteneva rifiuti industriali: plastica, carta, legno. La Transeco era chiusa per il finesettimana.
«Fortunatamente sono riuscito a evitare che l'incendio si propagasse ai vicini capannoni, tenendo bagnati i muri con l'idrante», sospira il proprietario degli stabili, Iseo Turrini, maschera antigas al collo. A causa del fumo nero e denso, difficile contare le autobotti dei vigili del fuoco accorsi a sirene spiegate. Dai colloqui carpiti tra gli addetti ai lavori, sembra che in loco non vi fosse una quantità d'acqua all'altezza delle necessità. E che i pompieri si siano parzialmente approvvigionati altrove. La causa delle fiamme? Probabilmente autocombustione innescata dal gran caldo. Intanto una lunga fila di curiosi richiamati dalla densa colonna di fumo puzzolente, tenuti a bada dai carabinieri di San Bonifacio, si appostava lungo la provinciale. Qualcuno ha prospettato il rischio diossina. Nel parapiglia non è stato possibile appurare se i tecnici dell'Arpav siano intervenuti per chiarire se possa esserci stato inquinamento dell'aria e delle falde.
Alla Transeco un episodio analogo successe nell'agosto del 2011. Allora s'ipotizzò che a innescare l'incendio fosse stato un mozzicone di sigaretta covato a lungo tra la carta straccia, o un pezzo di vetro gettato tra i rifiuti che, colpito dal sole avesse fatto da lente.