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Quattro eletti scuotono il Comune

Palazzo Barbieri: prime ricadute del voto sull’amministrazione comunale
Palazzo Barbieri: prime ricadute del voto sull’amministrazione comunale
Palazzo Barbieri: prime ricadute del voto sull’amministrazione comunale
Palazzo Barbieri: prime ricadute del voto sull’amministrazione comunale

O Verona o Roma: solo una poltrona. Tra scelte su doppi incarichi tra Comune e Parlamento, rimpasto di Giunta e prossime nomine in aziende - Agsm Lighting, Megareti, Amia, Acque Veronesi - le elezioni politiche scuotono Palazzo Barbieri. È stato ieri su L’Arena Paolo Paternoster, segretario provinciale della Lega, eletto alla Camera, a dire «no» ai doppi incarichi di assessori o consiglieri eletti parlamentari, invitando il sindaco Federico Sboarina a dare una linea. Ciò per un fatto di opportunità e non perché la legge vieti che un consigliere o assessore comunale possa essere anche parlamentare. LA SCELTA. I diretti interessati però frenano. «Mi sono preso l’impegno con i veronesi di amministrare la città e non ho ripensamenti. E già dall’anno scorso, quando ero senatore e assessore, non ho il doppio stipendio. Farò un doppio lavoro». Lo dice Stefano Bertacco, assessore ai servizi sociali e all’istruzione, rieletto senatore di Fratelli d’Italia. Anche se la sua presenza nella Giunta Sboarina è in quota a Battiti. Battiti è l’associazione fondata da Bertacco con Sboarina e poi con Marco Padovani, assessore, pure lui verso Fratelli d’Italia (dov’è già il figlio Alberto, pure di Battiti, consigliere della Quarta circoscrizione, candidatosi alla Camera), e con Daniele Polato, assessore, anche se come lista era in Forza Italia. E poi Alessandro Montagna, già assessore. Pure da Fratelli d’Italia il presidente del Consiglio comunale Ciro Maschio, coordinatore provinciale del partito, eletto alla Camera, non si sbilancia: «Non sappiamo quale governo ci sarà e cosa succederà in Parlamento. Essendo a inizio legislatura ci parleremo dunque come maggioranza e sul tema dei doppi incarichi troveremo una sintesi». EQUILIBRI. Il caso doppi incarichi riguarda anche la Lega, che ha in Giunta un «big» come Lorenzo Fontana, vicesindaco e assessore, eurodeputato e vicesegretario federale della Lega. Destinato a un ruolo di governo nel caso questo fosse a trazione Salvini-centrodestra. Fontana in ogni caso lascerebbe l’europarlamento, dove scadrebbe fra un anno. E poi c’è Vito Comencini, capogruppo della Lega a Palazzo Barbieri, pure eletto alla Camera. «Valuteremo strada facendo», dice Comencini, «anche perché io ho preso un impegno con i cittadini veronesi e intendo onorarlo, mantenendo il legame con il territorio». RIMPASTI E NOMINE. Qualora alcuni assessori dovessero lasciare la Giunta, si aprirebbe ovviamente la strada alla loro sostituzione. Per il ruolo di vicesindaco al posto di Lorenzo Fontana è in prima fila Luca Zanotto, leghista, assessore ai lavori pubblici e alla mobilità. E per il posto che si libererebbe potrebbe esserci Enrico Corsi, già assessore, ora commissario dell’Ater ma anche neonominato presidente di La Linea Spa, una società di trasporto persone, misto pubblico-privata, con sede a Marghera (Venezia). Potrebbe esserci anche Roberto Simeoni, consigliere. Più complessa la situazione di Bertacco, in Giunta in quota a Battiti, che alle amministrative di giugno 2017 era in lista insieme a Verona Domani. Cioè l’associazione guidata da Matteo Gasparato, presidente del Consorzio Zai, e da Stefano Casali, consigliere regionale, che ha due assessori, Francesca Briani e Filippo Rando, ma chiede maggiore spazio. Per il suo peso in Consiglio (cinque esponenti) considerando che Bertacco con Battiti ha compiuto una scelta partitica. «Verona ha bisogno di amministratori a tempo pieno che lavorano per la città», dice Casali, «e comunque sono molto contento che tanti veronesi stimati siano stati eletti parlamentari». Se Comencini lasciasse l’incarico, la prima dei non eletti nella Lega sarebbe Francesca Vanzo, ora però nel Consiglio di amministrazione dell’Agsm. Quindi dovrebbe scegliere o l’uno o l’altro incarico. Lo stesso Gian Luca Soldo, vicepresidente dell’Amt, in lista per il Consiglio comunale dopo la Vanzo. E se Ciro Maschio di FdI lasciasse, ci sarebbe il consigliere di FdI Leonardo Ferrari a poter diventare presidente del Consiglio comunale. Come prima dei non eletti di FdI ci sarebbe Cecilia Gasdia, ora però sovrintendente della Fondazione Arena, e quindi si arriverebbe a Erminia Perbellini, già assessore. È un bel rebus. In attesa di sapere cosa succederà a Roma. •

Enrico Giardini

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