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FUGA DAL RIONE

Quartiere Stadio:
negozi chiusi
e strade desolate

Roberto Simeoni
Roberto Simeoni
Roberto Simeoni
Roberto Simeoni

Una lunga serie di negozi chiusi. Le vetrine spoglie e impolverate, i locali vuoti e bui. E sulle porte il cartello ormai sbiadito: «Affittasi». Siamo allo Stadio. Lo scenario più desolante si incontra in via Longhena, con file intere di saracinesche abbassate: cinque-sei solo nei primi 30 metri. Ma lo stesso si riscontra in via Sansovino, la strada principale del quartiere, e anche nelle limitrofe. Mentre le altre zone della città si vestono di luci e colori per Natale, qui si respira abbandono. Molti commercianti sono scappati dal rione e ora addobbano a festa i propri negozi altrove: spesso nei centri commerciali. È la morte delle botteghe di vicinato. A resistere sono soprattutto i negozianti storici, restii a «staccare la spina» ad attività di 20, 30 o addirittura 50 anni tramandate di padre in figlio. Però anche loro, che pure possono contare su una clientela affezionata, arrancano.

INCURIA SCACCIA-CLIENTI. Le cause? La prima, a detta di tutti, è l’incuria in cui lo Stadio è abbandonato. Nelle aiuole poco curate, wc per i cani, si accumulano rifiuti. Durante le partite, uniche manifestazioni nel quartiere, viene tollerata la sosta selvaggia. Girano parecchie facce poco rassicuranti, ma il poliziotto di quartiere non c’è più. Fra chi ha ceduto le armi c’è Laura Gambato, che per 23 anni ha tenuto una profumeria in via Sansovino, a pochi passi dal Bentegodi. Poi la famiglia ha deciso di mantenere solo l’erboristeria La Zagara che già possedeva a San Massimo, in piazza Risorgimento.

«Una volta lo Stadio era un bel quartiere residenziale. Poi è stato lasciato a se stesso e negli ultimi anni è proprio decaduto. Ci siamo dovuti arrendere», spiega la commerciante. «Avevamo provato a reagire. Insieme agli altri esercenti ci eravamo organizzati per abbellire le vie durante le feste, pagando di tasca nostra tappeti rossi e alberi di Natale da mettere fuori dai negozi. Non è bastato. Il problema è che lo Stadio è un quartiere smorto, sporco, vittima del degrado, e si sta trasformando in un ghetto».

SCHIACCIATI DAI CENTRI COMMERCIALI. Della «resistenza» fanno parte Luisella Sbravati, titolare dell’omonimo negozio di abbigliamento che da 53 anni si trova in via Longhena, e lo storico calzolaio Remigio Visentini. Accanto a loro, una sfilza di vani vuoti. «Ci dovrebbero dare un premio per tenere duro», ironizza la signora. «Io mi salvo un po’ grazie alla clientela fidelizzata, al fatto di non avere dipendenti e di non dover pagare l’affitto per il locale, comprato con tanti sacrifici. Ma ormai anche per quelli come me è sempre più dura», ammette. «I centri commerciali nei dintorni si moltiplicano, il quartiere non ha “appeal”. E il senso unico imposto su via Longhena ci ha penalizzati tantissimo». «Qui lavoro non ce n’è», conferma Daniela Pellizzari, che ha ereditato dalla madre Santina la trentennale merceria Mille Cose di via Sansovino. «Una volta chiudevo alle 19.30, oggi torno a casa molto prima. Ho anche paura dei brutti giri qui intorno. Ma quale altro lavoro trovo, a 50 anni?».

LE PROPOSTE. Il consigliere della terza circoscrizione Roberto Simeoni (Lega), lui stesso esercente nel quartiere (sua la pizzeria al taglio in via Da Vinci), lancia una proposta-provocazione: «Trasferire allo Stadio la pista di ghiaccio che a Natale viene allestita in Bra». E spiega: «Per far rivivere il quartiere è portarvi eventi che attirino persone, al di là delle partite di calcio. Ma servirebbero il potenziamento dell’illuminazione pubblica, più pulizia di strade e aiuole, maggiori controlli, e anche con interventi mirati come il ripristino del doppio senso in via Longhena. Allo Stadio», conclude. «Ci sono ancora duecento negozi. Un patrimonio da non lasciar morire».

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