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La donna fatta a pezzi ha abitato allo Stadio

Gli investigatori al lavoro nelle ore immediatamente successive il ritrovamento del corpo tra gli ulivi in località Gardoni di Valeggio sul Mincio
Gli investigatori al lavoro nelle ore immediatamente successive il ritrovamento del corpo tra gli ulivi in località Gardoni di Valeggio sul Mincio
Gli investigatori al lavoro nelle ore immediatamente successive il ritrovamento del corpo tra gli ulivi in località Gardoni di Valeggio sul Mincio
Gli investigatori al lavoro nelle ore immediatamente successive il ritrovamento del corpo tra gli ulivi in località Gardoni di Valeggio sul Mincio

Alessandra Vaccari Telefonini sotto controllo per vedere la reazione di chi frequentava la vittima, dopo aver letto la notizia del ritrovamento di quel cadavere. Persone da sentire, persone già ascoltate, piste da seguire, ipotesi, non sempre scontate. Sono tante le indagini tecniche che vengono freneticamente svolte in queste ore dai carabinieri del nucleo investigativo e da quelli della compagnia di Peschiera. Un lavoro iniziato il 30 dicembre quando nel tardo pomeriggio venne fatto quel macabro ritrovamento. I carabinieri stanno passando al setaccio la vita di Khadija Bencheikh- questo il nome, reso noto ieri sera -, quarantaseienne trovata smembrata in una dozzina di pezzi, probabilmente utilizzando una sega elettrica a Valeggio sul Mincio, nei pressi di un maneggio. Si sonda nella vita della donna, sul suo ex marito, ma anche altri parenti che abitano in una provincia lombarda. E il suo compagno, anche se la donna non aveva una situazione sentimentale «stabile». Anagraficamente la vittima abitava allo Stadio in piazzale Olimpia, ma in quel bel palazzo, dove risiedono una ventina di famiglie, nessuno la conosceva. Andando da un posto all’altro in zona Stadio, incrociando marocchini che hanno negozi in zona pare che sì, abbiano un’idea di chi sia quella donna separata (pare si contino sulle dita di una mano le marocchine che si separano), che viveva facendo lavori di pulizia nelle case, ma non per una cooperativa, lavorando in proprio e arrangiandosi come poteva. Sembra che fosse di frequente a Villafranca. Una donna, la vittima, che abitava in Italia da una ventina di anni e che non aveva mai avuto alcun problema con la giustizia. Potrebbero servire parecchi giorni per chiudere il cerchio attorno al suo assassino che potrebbe aver agito con un impeto di rabbia. Sul fatto poi che avesse deciso di fare a pezzi il corpo, si potrebbe ipotizzare che volesse cercare di non farla ritrovare, magari divorata dagli animali. Ma non che non volesse che la donna fosse riconosciuta: diversamente non avrebbe lasciato integro il volto, così come i polpastrelli delle mani, da cui ricavare impronte digitali. O forse non ha fatto a tempo a concludere lo scempio. Ed è infatti grazie a quelle che la vittima è stata identificata, proprio perchè come ogni straniero residente regolarmente nel nostro Paese le erano state prelevate e inserite nella banca dati delle forze di polizia. L’autopsia su quei resti lascia ancora incognite: una per tutte. Come è stata uccisa la poveretta? Per ora si può dire come non sia stata ammazzata: non con un colpo d’arma da fuoco, non con coltelli, nessun residuo di punte sarebbe stato trovato sulle parti di corpo. Difficile pure ipotizzare lo strangolamento come causa, già perchè le petecchie che restano mentre strangoli qualcuno stringendo il collo non si evidenziano sullo stesso collo, visto che anche quella parte è stata segata e staccata dal resto del corpo. Ora a medicina legale, il medico incaricato, proseguirà con l’esame istologico dei polmoni, per capire se possa esserci stata asfissia e con gli esami tossicologici per verificare se la donna sia stata prima drogata, narcotizzata. Chi ha ammazzato quella donna è probabile frequenti la località di Valeggio dove quel corpo è stato abbandonato. E non è escluso che il corpo sia stato fatto a pezzi poco lontano e che all’improvviso l’assassino abbia dovuto sbarazzarsi di quel cadavere, per l’arrivo di qualcuno. Forse l’assassino o gli assassini temevano di essere stati scoperti. «Temo si tratti di una donna lasciata sola con i suoi problemi», è il commento di Samira Chabib, dell’associazione Saadia, «la comunità marocchina è molto unita, ma di lei non sappiamo nulla. Quanto accaduto dev’essere di monito, noi dobbiamo lavorare affinchè non accada ancora. La vittima era ben inserita nel contesto veronese, per questo il suo omicidio è ancora più incomprensibile. Speriamo che le forze dell’ordine arrivino prima possibile alla soluzione del giallo. E che questo omicidio sia un evento unico». •

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