<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
IL COLPO DEL SECOLO

Castelvecchio,
un bottino
da 17 milioni

Auto della polizia davanti a Castelvecchio
Auto della polizia davanti a Castelvecchio
Auto della polizia davanti a Castelvecchio
Auto della polizia davanti a Castelvecchio

Furto di tele per 17 milioni di euro a Castelvecchio: per sei indagati il fermo è stato convalidato, cinque restano in carcere mentre a Svitlana Tkachuk, che ha una bimba di due anni, sono stati concessi gli arresti domiciliari. Per Cornel Vasilita, «destinatario dello sfogo del cognato Vasile Mihailov ma che non si esprime mai in termini che rimandino ad un suo coinvolgimento nel fatto», il gip Giuliana Franciosi non ha ritenuto sussistenti gravi indizi e lo ha liberato. Solo lui non fa parte di quella che il magistrato definisce «catena di persone con ruoli ben specifici con dispiego di uomini e mezzi».

In 38 pagine il magistrato ha evidenziato tutto, dal valore dei quadri trafugati alle circostanze, personali e di fatto, che non ostacolarono i rapinatori. Anzi che li favorirono. Una su tutte che «gli autori della rapina dovevano essere a conoscenza della circostanza - fondamentale - che una volta neutralizzata la guardia giurata ed eventuali altri custodi, nessuno avrebbe dato l’allarme dalla centrale operativa», scrive il gip nell’ordinanza, «non essendo previste forme di avviso o comunicazione in caso di mancato inserimento dell’allarme negli orari convenuti».

Insomma la centrale operativa di Sicuritalia, come il pm Gennaro Ottaviano aveva evidenziato fin dall’inizio sottolineando l’assenza di un protocollo in tal senso, non si allarmò per il ritardo di inserimento dell’allarme perchè non era tenuta a controllare. E allo scenario ampiamente descritto si aggiungono ora le singole posizioni.

FRANCESCO SILVESTRI. Il gip non ha perplessità: l’informazione più preziosa, ovvero che nessuno avrebbe controllato il tardato inserimento dell’allarme, «non poteva che venire dall’interno dell’organizzazione del servizio di sicurezza». Ed elenca tutte le anomalie riscontrate nei filmati, a cominciare dal fatto che in alcune riprese Silvestri cammina a fianco dei rapinatori, in altre è a testa alta e non pare avere una pistola puntata al capo. I rapinatori poi trasportano un quadro di grandi dimensioni lasciando solo Silvestri: «È chiaro che non fossero minimamente preoccupati». La dottoressa Franciosi elenca poi le anomalie evidenziate anche dal pm nel provvedimento di fermo: dal pieno di benzina della Lancia Phedra che era senza sedili al fatto che eccezionalmente quella sera aveva tenuto le chiavi in tasca, dal comportamento «non limpido» all’aver taciuto che il 18 novembre vide tre persone accucciate nel cortile, che poi lo seguirono, al fatto che subito dopo essere stato sentito dal pm «provvedeva a resettare l’Iphone sul quale era installato un software per l’intercettazione ambientale». Smette di telefonare e «i suoi atteggiamenti si adeguano alla necessità di eludere le investigazioni».

SILVESTRI RICCIARDI E TKACHUK. Il gip esamina le loro posizioni insieme, uno, Pasquale, è il fratello della guardia giurata, lei è la compagna, ucraina. Se prima della rapina avevano sentito qualcuno degli indagati, dopo il colpo «non si è più registrato alcun contatto tra loro e Anatolie B. ritenuto uno dei correi, (fatto) sintomatico e sospetto». Infatti chiamano i soggetti del gruppo ma li contattano da utenze pubbliche». Poi il viaggio in Moldavia «con ritorno in autobus portando con sè qualcosa di nascosto, presumibilmente il denaro che devono ricevere per la cessione dei quadri». Lui ha raccontato di essere stato avvicinato da alcuni moldavi che gli avevano proposto una collaborazione che Ricciardi Silvestri non aveva accettato salvo poi sapere che avrebbero comunque ricevuto denaro. «Appare risibile che un gruppo così bene organizzato abbia deciso di effettuare una liberalità a due che non avevano prestato alcun aiuto». In realtà, rimarca il gip, emerge la loro insistenza per avere il denaro «per aver svolto puntualmente ”la loro parte”».

VICTOR POTINGA. È colui che trasporta le tele da Verona a Brescia sul furgoncino Renault Traffic che durante la rapina resta parcheggiato in piazzale XXV aprile e sul quale vengono trasferite le opere. Potinga imbocca l’autostrada, Vasile Mihalov sulla Clio e la Phedra, invece, percorrono la regionale 11 fino a Brescia, in via Chiusure 236, dove l’auto verrà ritrovata. Ci sono contatti telefonici tra lui e Mihailov subito dopo la rapina al museo e poi quando tutti sono a Brescia.

VASILE CHEPTENE. Per il gip il suo coinvolgimento è acclarato: si sente con Mihailov sia il 18 (il giorno del sopralluogo) sia il 19, nel pomeriggio. Poi lo incontra il 22 dicembre in un bar nel Bresciano: «la tempistica dell’incontro (in quei giorni era in corso l’attività per trasferire i quadri), è significativa e sintomatica del suo coinvolgimento». In auto parlano di refurtiva e quadri, poi ospita l’amico alla vigilia della partenza per la Moldavia e fa domande a Mihailov circa i problemi che quest’ultimo ha con la criminalità organizzata moldava e lo invita a prestare attenzione. Per il gip «ha perlomeno il ruolo di consigliere» ed «è costantemente tenuto aggiornato sugli sviluppi del trasporto dei quadri e del loro arrivo ad Odessa».

DENIS DAMASCHIN. Ha svolto il ruolo «fondamentale» di custode dei beni d’arte trafugati. «Custodiva anche documenti falsi. «A Natale emerge che discute i dettagli relativi a come dovranno essere preparati i quadri per essere caricati velocemente su mezzi destinati all’estero». Ha ammesso di aver custodito alcuni beni per conto di Mihailov «negando di conoscere di cosa si trattava». Per il gip la sua consapevolezza è certa.

Fabiana Marcolini

Suggerimenti