<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Via libera alla fusione a cinque Ora la palla passa agli «alleati»

Palazzo Angiari, sede del municipio di Minerbe
Palazzo Angiari, sede del municipio di Minerbe
Palazzo Angiari, sede del municipio di Minerbe
Palazzo Angiari, sede del municipio di Minerbe

Francesco Scuderi «Se non si farà la fusione con uno o più Comuni dell’Unione Adige Fratta, Minerbe è pronto anche ad abbandonare il consorzio di cui fa parte dal 1999, anno della sua fondazione». Se non è un ultimatum poco ci manca quello lanciato dal sindaco Andrea Girardi nel consiglio comunale convocato giovedì sera in sala civica. L’assemblea prevedeva il voto della mozione presentata congiuntamente dalla maggioranza e dai gruppi d’opposizione per dare il via ad uno studio di fattibilità relativo, per l’appunto, ad un’ipotesi di fusione tra i cinque Comuni dell’Unione. Il provvedimento è passato all’unanimità e ora Minerbe chiederà che anche gli altri centri aderenti all’Adige Fratta si esprimano in merito. Oltre a Minerbe, fanno parte dell’ente anche le vicine municipalità di Bonavigo (2.000 abitanti), Boschi Sant’Anna (1.400), Bevilacqua (1.700) e Terrazzo (2.200). Tutti assieme costituirebbero perciò un Supercomune di circa 12mila residenti. «Siamo arrivati ormai ad un punto in cui è necessario prendere una decisione perché non si può più andare avanti così», ha rimarcato il primo cittadino. «L’Unione, così come è stata strutturata», ha aggiunta, «ha causato a Minerbe numerosi svantaggi». In particolare, il primo cittadino ha ricordato che «diversi dipendenti del municipio cittadino sono impegnati a svolgere anche le attività dell’Unione e per farlo sono costretti a lasciare indietro le pratiche inerenti Minerbe». Le difficoltà più grosse si sono registrate negli ultimi anni nei settori dei lavori pubblici e privati e nel funzionamento della centrale unica di committenza per gli appalti. Dal 2013, i cinque municipi sono stati obbligati dalla legge ad accorpare le funzioni: normativa che vale per tutte le realtà sotto i cinquemila abitanti. La gestione del processo, non ancora completata, ha portato ad avere un’Unione che ha accorpato servizi dislocandoli però su tutti i Comuni anziché accentrarli in un unico polo. Ossia la sede retrostante il municipio ma che di fatto viene impiegata per altre attività. «Paghiamo le conseguenze delle decisioni prese negli anni scorsi per accontentare tutti gli amministratori che fanno parte dell’Unione», ha sottolineato Girardi. «Ora non pretendiamo che tutti i Comuni ci seguano in questo progetto di fusione, ma non possiamo andare avanti così ad oltranza. Se avessimo 5mila abitanti non saremo nemmeno costretti ad unire le funzioni e potremmo starcene da soli». Anche i consiglieri delle tre civiche che siedono all’opposizione hanno espresso il loro parere favorevole. In particolare, Giuseppe Bertoldi ha chiesto «di dialogare soprattutto con Bonavigo e Boschi Sant’Anna, le realtà a noi più vicine e affini». Giovanni Pesenato, invece, ha ripercorso la storia dell’Unione auspicando: «Già da anni chiedo che ci sia un cambio di marcia e che i cittadini vengano coinvolti di più nelle scelte». Se qualcuno degli altri Comuni dovesse dare il suo benestare allo studio di fattibilità, finanziato dalla Regione, al termine dell’iter si procederà con un referendum dove saranno proprio i residenti ad esprimersi su una possibile fusione. •

Francesco Scuderi

Suggerimenti