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Dopo un grave incidente ad Angiari

Un'invenzione d'amore: la «Bi-Vespa» per il figlio uscito dal coma

Dopo un grave incidente ad Angiari
Leonardo e Andrea Zanon (foto DIENNE)
Leonardo e Andrea Zanon (foto DIENNE)
Leonardo e Andrea Zanon (foto DIENNE)
Leonardo e Andrea Zanon (foto DIENNE)

Dal letto d’ospedale alla sella di una Vespa speciale, modificata da suo papà per una riabilitazione «fai da te» e piena di amore.

Il lento ma graduale recupero di Leonardo Zanon, l’ex liceale, 20enne, di Ramedello di Cerea, che il 5 luglio di un anno fa fu investito da un’auto ad Angiari, mentre era a bordo della sua Vespa Pk rossa, riportando lesioni gravissime - tanto che i medici lo hanno fatto uscire dal coma farmacologico soltanto dopo 44 giorni - si è arricchito negli ultimi mesi di un nuovo piccolo «miracolo».

Tutto ciò, grazie alla costanza con cui i suoi genitori, Andrea e Mirjam, lo hanno seguito in questi 12 mesi. Nonché alle terapie somministrategli dalle equipe di specialisti degli ospedali di Borgo Trento, Negrar e dal centro polifunzionale «Don Calabria» di Verona, istituto, quest’ultimo, dove il giovane tuttora viene accompagnato quattro volte alla settimana per la riabilitazione.

Per far riprovare al suo unico figlio l’emozione di tornare a bordo di una due ruote, infatti, papà Andrea, la cui famiglia è molto nota a Legnago, da buon collezionista di Vespe ha pensato di creare un mezzo del tutto speciale con cui permettere a «Leo» di effettuare, ovviamente condotto dal genitore, alcuni «giretti» nel cortile di casa.

«Attraverso un telaio in acciaio», evidenzia Zanon, «ho unito tra loro due Vespe, una Elestart del 1969 ed una 50 Special del 1982. Ho collegato tra loro anche i comandi dello sterzo e installato un sistema di freni centralizzato. Questo permette a chi è seduto su uno dei due scooter di comandare anche l’altro. In questo modo Leonardo, come un passeggero, può star comodamente seduto a fianco del conducente, e far finta di guidare la sua Vespa, mentre in realtà penso a tutto io».

Con questo ingegnoso mezzo, che ovviamente non viene utilizzato sulle strade, Zanon e figlio hanno fatto la loro comparsa, qualche mese fa, al raduno «Fuori di Vespa» di Villa Bartolomea.

«In questo caso», prosegue papà Andrea, «siamo stati autorizzati a circolare, essendo un corteo scortato e a velocità controllata. Un amico conduceva la doppia Vespa con a bordo Leonardo, mentre io seguivo entrambi con un altro scooter».

 

Per il 20enne è stata una vera gioia poter muoversi sulla «bi-Vespa» costruita dal papà. Al di là dell’emozione che si può provare spostandosi con lo scooter, il giovane «Leo», che da un paio di mesi riesce a camminare da solo per brevi tragitti, spera un domani di potersi ristabilire del tutto e tornare ad inforcare la bici, di cui è pure collezionista, possedendone diversi esemplari.

«Prima di quel grave incidente», rivela lo stesso 20enne, «pedalavo per 30-40 chilometri al giorno». «In tutti questi mesi», rimarca mamma Mirjam, «Leonardo oltre che essere seguito, per le sue terapie, da validi professionisti, ha ricevuto tanto affetto da parte dei suoi amici. Tanto che lo scorso 15 aprile hanno voluto festeggiare qui a casa la maturità di Leonardo. Il giorno dell’incidente, infatti, nostro figlio aveva appena superato gli esami finali, con il voto di 70/100 al corso liceale ad indirizzo multimediale dell’istituto Minghetti di Legnago». «Leo» e i suoi genitori sono consapevoli che il cammino per il recupero di quasi tutte le facoltà sarà lungo. «Leonardo», continuano i genitori, «ha ricominciato a parlare soltanto il 15 settembre e a muovere i primi passi, con dei supporti, a gennaio. Ha dovuto imparare da capo anche i compiti più banali, ed ha ancora difficoltà a leggere e scrivere. Nostro figlio sta prendendo pure lezioni di chitarra, strumento in cui eccelleva prima dell’incidente».

«Per rendere Leonardo un po’ più autonomo», concludono Andrea e Mirjam, «occorrerà almeno un altro anno di terapie. Siamo comunque felici che sia ancora qua con noi e che ci parli, dopo l’incubo che lui e noi abbiamo passato».

Fabio Tomelleri

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