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Sigilli alla ditta Vibro Metal
Anni senza depurare le acque

Immagine da Google Earth in cui si vede la «macchia» di materiale inquinante dal capannone al terrenoLa Vibro Metal di via Mattei 367 a Bevilacqua DIENNE FOTO
Immagine da Google Earth in cui si vede la «macchia» di materiale inquinante dal capannone al terrenoLa Vibro Metal di via Mattei 367 a Bevilacqua DIENNE FOTO
Immagine da Google Earth in cui si vede la «macchia» di materiale inquinante dal capannone al terrenoLa Vibro Metal di via Mattei 367 a Bevilacqua DIENNE FOTO
Immagine da Google Earth in cui si vede la «macchia» di materiale inquinante dal capannone al terrenoLa Vibro Metal di via Mattei 367 a Bevilacqua DIENNE FOTO

Un inquinamento la cui gravità è, ora, davvero difficile da valutare. Si sa solo che è durato per anni e che nel terreno in cui la ditta sversava le acque reflue della lavorazione di oggetti in metallo, senza alcun filtraggio, vi è uno strato melmoso alto per lo meno 30-40 centimetri. Una «crosta» in cui c’è chissà che: resti metallici certamente, ma anche chimici e questi elementi si sono, appunto, depositati sul campo ma è ovvio che siano pure filtrati, contaminando non solo la terra ma molto probabilmente anche le falde sottostanti.

I carabinieri di Minerbe, particolarmente concentrati in servizi ambientali, hanno bloccato immediatamente l’attività della Vibro Metal srl di via Mattei 367 a Bevilacqua e denunciato per sversamento di acque refue non autorizzato, abbandono incontrollato di rifiuti e inquinamento falda, la titolare S.F., 51 anni.

L’azienda era una bomba ecologica. Alla Vibro arrivavano pezzi di metallo - come maniglie o elementi di idraulica - dalla Lombardia specialmente, che venivano poi introdotti in una specie di macchinario girevole, pieno d’acqua ed altri liquidi, in cui c’erano delle pietre. L’attrito tra i sassi e i metalli nelle macchine burattatrici faceva sì che i pezzi uscissero lucidi e lisci. L’acqua di risulta veniva convogliata in un semplice tubo che finiva sul retro della Vibro Metal e da lì in un campo, formando veri e propri laghi «argentati» ma che nulla avevano di romantico. Erano - e purtroppo sono - invece degli acquitrini inquinatissimi al punto che, guardando immagini dall’altro, si vede una grande macchia grigio-biancastra che parte dal capannone e quasi si «mangia» il terreno, anch’esso di proprietà della cinquantunenne.

Il sopralluogo dei carabinieri di Minerbe, coordinati dal maresciallo Simone Bazzani, è avvenuto nei giorni scorsi all’interno dell’azienda di via Mattei. I militari hanno messo i sigilli alla ditta, che risulta chiusa per sequestro preventivo. Intanto, è stata trasmessa, oltre che alla Procura, una nota informativa al sindaco Fosca Falamischia la quale, probabilmente già domattina, emetterà un’ordinanza di individuazione dei materiali versati, di ripristino dei luoghi, di effettuare carotaggi del terreno e le analisi dello stesso e delle acque.

Di certo interverrà l’Arpav, per competenza sull’ambiente, che farà i suoi accertamenti. La titolare dell’azienda dovrà farsi carico di tutti gli oneri economici di risanare la zona inquinata e se non lo farà lei interverrà il Comune il quale poi si rifarà sull’imprenditrice.

Erano pochi i dipendenti della Vibro Metal srl, in tre operai, e forse sono stati spostati per questi ultimi giorni di lavoro - ad agosto le ditte chiudono - ad un’altra ditta «gemella» della Vibro, che esercita la stessa attività, di un parente di S.F.

Daniela Andreis

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