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Ridotta la pena
all’investitore
«Nessun rispetto»

I quattro amici morti nel terribile incidente accaduto nel 2013Le stelle dedicate ai quattro ragazzi sulla rotonda in cui sono morti
I quattro amici morti nel terribile incidente accaduto nel 2013Le stelle dedicate ai quattro ragazzi sulla rotonda in cui sono morti
I quattro amici morti nel terribile incidente accaduto nel 2013Le stelle dedicate ai quattro ragazzi sulla rotonda in cui sono morti
I quattro amici morti nel terribile incidente accaduto nel 2013Le stelle dedicate ai quattro ragazzi sulla rotonda in cui sono morti

Rabbia, grande delusione e un senso di vuoto e di impotenza. Alla lettura del dispositivo da parte del giudice Antonella Galli della Corte d’appello di Venezia, che martedì sera ha ridotto di un terzo la pena inflitta all’investitore di Arcole in primo grado (da 7 anni e 2 mesi a 4 anni e 8 mesi), i genitori di Nico, Anna, Enrico e Michel si sono sentiti morire. Morire per la seconda volta. Una parte di loro, infatti, se n’è andata quella tragica notte di novembre del 2013, quando quattro giovani vite furono spezzate a causa di uno spaventoso incidente alla rotonda di Arcole. I genitori dei ragazzi si erano però fatti coraggio l’un l’altro, avevano tenuto duro, avevano lottato per avere giustizia.

Pur nella difficoltà di rivivere ogni singolo istante della tragedia che aveva cambiato per sempre le loro esistenze, si erano costituiti parte civile, per metterci la faccia, per chiedere che il responsabile dell’incidente, Roberto Tardivello Rizzi, fosse punito secondo la legge. In primo grado, il gup Isabella Cesari aveva accolto il grido di quelle madri e di quei padri, infliggendo per l’omicidio colposo plurimo aggravato quella che era stata definita una «pena esemplare». Poi è arrivato l’appello ed è crollato tutto. Scrive Eva Bergamasco, mamma di Nico, sul suo profilo Facebook: «Ti avevo fatto una promessa quel giorno, che avrei fatto di tutto perché avessi giustizia. Ha vinto il male, il menefreghismo, l’ignoranza. Non c'è rispetto per la vita».

Il collegio giudicante ha accolto la richiesta della difesa di concedere le attenuanti piene a Tardivello Rizzi. L’investitore avrebbe dunque dato segnali di ravvedimento e di rispetto per le vittime di questa tragedia. Ha infatti frequentato una comunità di recupero per sei mesi, subito dopo l’incidente, ha letto una lettera di scuse ai genitori durante il processo di primo grado e si è trasferito con la famiglia in un altro Comune. Mamme e papà dei quattro ragazzi contestano tutti e tre gli elementi. «In comunità l’uomo c’è stato, certo, ma non c’è alcuna prova reale del suo recupero», commenta Cristina Ceolaro, mamma di Enrico. «La lettera ci è sempre sembrata poco sincera e strumentale al procedimento, visto che Tardivello Rizzi non aveva deciso di inviarcene una fuori dal processo. Per quanto riguarda il trasloco in un altro paese, possiamo dire che ha scelto di vivere dove lavora, dato che non ha più la patente». «Non ci è stato consentito di parlare, è stato molto spiacevole», confermano i legali delle parti civili. «Stiamo andando verso un inasprimento delle pene per gli incidenti mortali: questa sentenza invece va in senso contrario».

La decisione dei giudici è arrivata dopo una giornata molto stressante, in cui le famiglie sono state costrette a rimanere per oltre sette ore in tribunale, in attesa dell’udienza. La riduzione di un terzo della pena ha colto tutti di sorpresa. «Temevamo uno sconto di pena, ma non avremmo mai immaginato una simile diminuzione», osserva ancora Ceolaro. «Sembrava quasi che in questo processo non si parlasse di vite umane. Abbiamo avuto, nostro malgrado, l’esatta dimensione di che cosa pensi lo Stato dei cittadini onesti. Adesso è proprio finita». I genitori dei ragazzi di Arcole si erano battuti nei mesi scorsi anche per l’introduzione dell’omicidio stradale, giunto ormai alle battute finali in Parlamento. Ora anche questa battaglia si tinge di disillusione. «A che serve inasprire le pene se poi i giudici le applicano al ribasso, pur avendo chiari lo svolgimento dei fatti e le responsabilità?», si chiedono adirate le quattro coppie coinvolte in questa dolorosa vicenda. Intanto, su Facebook, le persone commentano con durezza la sentenza sullo schianto di Arcole e ricordano che alle famiglie «nessuno ridurrà mai la pena di aver perso un figlio».

Paola Bosaro

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