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«Non si può capire il terrore che avevamo»

Il centro di accoglienza di Terranegra
Il centro di accoglienza di Terranegra
Il centro di accoglienza di Terranegra
Il centro di accoglienza di Terranegra

Al centro di accoglienza allestito alle scuole materne e primarie di Terranegra per le persone «sfollate» del quartiere di Porto (sinistra Adige), la situazione è rimasta tranquilla. La struttura ha ospitato 52 cittadini (su 60 che si erano prenotati nei giorni scorsi), in forte prevalenza anziani. A differenza del punto di assistenza allestito a San Pietro, quello di Terranegra ha visto però arrivare anche diversi residenti di fasce d’età più giovani.

Tra questi, Ousmane Kone, originario della Costa d’Avorio, con moglie e tre figli di 2,4 e 12 anni, che hanno giocato senza sosta nel giardino della scuola. Oltre a tre studenti di origini marocchine – di cui due universitari – che hanno trasformato una parte del centro in aula studio. Anche a Terranegra, gli anziani sono arrivati con mezzi del Comune, dell’Auser o propri. I volontari sono stati una quindicina, tra Agesci, Protezione civile Ana del Basso veronese, Croce Rossa, Anget e penne nere. Presenti anche un’assistente sanitaria, vigili e associazione nazionale carabinieri.

«SIAMO STATI FORTUNATI», rivela una volontaria, «perché il Comune ha fornito immediatamente tutto il necessario che qualche anziano ha richiesto in più: dalle carrozzine alle brande. E nessun ospite si è lamentato». Mentre un gruppetto si è organizzato per giocare a carte, altri hanno cercato di far passare il tempo chiacchierando, leggendo e passeggiando in giardino. Al centro, è arrivata perfino la televisione che nel giro di pochi minuti ha catalizzato l’attenzione di un bel gruppo di anziani.

Come accaduto al punto di accoglienza di San Pietro, anche a Terranegra, insieme all’assessore alla Protezione civile Claudio Marconi, hanno fatto visita tre rappresentanti dell’Unione nazionale laureati esperti in protezione civile: un Dipartimento presente a livello nazionale che forma appunto dei professionisti delle attività di emergenza. «Ci siamo proposti noi al Comune di Legnago», spiegano, «perché eravamo interessati a svolgere il ruolo di osservatori. Bisogna ammettere che la macchina organizzativa ha funzionato davvero bene».

Anche qui gli anziani presenti - rifocillati da acqua, te caldo e il pranzo portato puntualissimo dalla Cir Food - non hanno dimostrato alcuna preoccupazione per il «bomba day».

«Ormai siamo abituati», rivela l’82enne Osvaldo Belluzzo, accanto alla moglie Maria José Penzo, di un anno più giovane, «questa è la terza volta che siamo sfollati per il disinnesco di qualche bomba. E chissà quante altre ce ne sono di ordigni inesplosi. Io avevo solo sette anni quando ho visto Legnago bombardata. Ricordo che quella che scendeva dagli aerei era un’autentica pioggia di bombe».

«Abitavo con i miei genitori e i fratelli a soli 200 metri dal ponte della ferrovia», ricorda Anna Zambrini, 87 anni. «Non si può nemmeno immaginare ora la paura che avevamo noi ragazzi quando sentivamo i bombardieri arrivare. Ce l’ho ancora davanti agli occhi la parte centrale del ponte: era stata completamente sventrata da quegli ordigni». E.P.

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