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«La Transpolesana
strada gruviera?
Una vera vergogna»

Rifiuti gettati in un fossato lungo la statale 434 dopo lo svincolo di Roverchiara in direzione di LegnagoCrepe e avallamenti, segnaletica non sufficientemente visibile: è la TranspolesanaSulla 434 si può correre fino a 110 chilometri orari, ma in alcuni punti è estremamente pericolosoRifiuti gettati in una piazzola
Rifiuti gettati in un fossato lungo la statale 434 dopo lo svincolo di Roverchiara in direzione di LegnagoCrepe e avallamenti, segnaletica non sufficientemente visibile: è la TranspolesanaSulla 434 si può correre fino a 110 chilometri orari, ma in alcuni punti è estremamente pericolosoRifiuti gettati in una piazzola
Rifiuti gettati in un fossato lungo la statale 434 dopo lo svincolo di Roverchiara in direzione di LegnagoCrepe e avallamenti, segnaletica non sufficientemente visibile: è la TranspolesanaSulla 434 si può correre fino a 110 chilometri orari, ma in alcuni punti è estremamente pericolosoRifiuti gettati in una piazzola
Rifiuti gettati in un fossato lungo la statale 434 dopo lo svincolo di Roverchiara in direzione di LegnagoCrepe e avallamenti, segnaletica non sufficientemente visibile: è la TranspolesanaSulla 434 si può correre fino a 110 chilometri orari, ma in alcuni punti è estremamente pericolosoRifiuti gettati in una piazzola

«Cosa dicono gli automobilisti? Che la Transpolesana è una vergogna». L’addetto al distributore indossa la divisa, una tuta gialla con il marchio del fornitore di benzina sulla strada che unisce Verona a Rovigo, lunga 90 chilometri. Saluta così gli automobilisti diretti verso la Bassa veronese. «È da vergognarsi ad avere una strada in queste condizioni» ripete mentre guarda la strada a quattro corsie più simile a una pista da Formula uno che ad una Statale. Basta constatare la velocità dei veicoli su quell’arteria gruviera che corre dritta verso il Polesine.

Unica àncora di salvezza è la striscia di strada tra la linea bianca e il ciglio, rimasta miracolosamente intatta, risparmiata da quelle rughe che rendono l’aspetto della Transpolesana ben più anziano dei suoi 40 anni. Erano, infatti, gli anni ’70 quando fu inaugurata. Fu salutata come la «via di comunicazione - chiave» indispensabile per trovare un altro sbocco sul mare oltre che con l’Emilia. Ora è lì e dimostra tutti i suoi 40 anni nonostante i sindaci della Bassa siano corsi più volte al suo capezzale per salvarla. Inutilmente fino ad oggi. L’Anas, dicono i primi cittadino, fa orecchie da mercante e la lascia morire tra buche, immondizie, burocrazia implacabile e tanta indifferenza. Con tanti saluti alla sicurezza stradale. «Gli incidenti? Ce ne sono sempre uno al mese», dice l’addetto al distributore con la tuta giallo e la smorfia triste.

IL VIAGGIO. Sono le undici. La Transpolesana è una lunga striscia di asfalto, resa incandescente dal sole. Più che in moto ti sembra di essere su un cavallo di acciaio e ferro. Più che guidare, ti sembra di cavalcare un percorso con una miriade di mini ostacoli. Salti insieme allo scooter mentre tenti di evitare le buche che una dopo l’altra rendono la Transpolesana un saliscendi continuo.

Tutto il resto è il rumore da tuono di auto e tir che fanno sobbalzare chi guida le due ruote. C’è poi ancora il suono dirompente e metallico dei carichi nei rimorchi che seguono un po’ il ritmo delle buche della Transpolesana. I bisonti della strada mantengono la barra dritta, nessuna sbandata ma mentre guidi viene spontaneo il quesito: per quanto accadrà ancora? C’è bisogno della tragedia perchè quella strada riprenda quantomeno una fisionomia di normalità? Quanto ci vuole che un’autista perda il controllo per provocare una fuoriuscita con rischi seri per lui e gli automobilisti che corrono nella stessa direzione?

Gli svincoli di Oppeano, Isola Rizza, Roverchiara, San Pietro di Morubio fino a Legnago nord sembrano confondersi in mezzo a questa selva di buche, forti spostamenti d’aria, rumore di ferraglie che non ti abbandona nemmeno per un secondo. Intorno ci sono i campi di grano (e tante altre colture), capannoni, alcuni chiusi, un paio di ristoranti, case abbandonate, ancora aree di servizio. Un paesaggio a tratti stupendo, interrotto da questa striscia di asfalto pieno di crepe che ti danno l’impressione di potersi aprire da un momento all’altro.

Solo quando arrivi allo svincolo di Palesella in direzione di Legnago, ti sembra di aver finito la gincana. L’asfalto diventa improvvisamente liscio, la guida riprende la sua normalità e pensi di aver superato il peggio. Ma è pura illusione.

Allo svincolo di Cerea, lo scenario torna a quello che ti ha accompagnato fino a pochi chilometri prima e non vedi l’ora di arrivare a Legnago per fare retromarcia e tornare sui tuoi passi, lontano da questi rischi, rumori e patemi d’animo. Si rientra verso Verona e solo quel po’ d’ombra provocata dal guard rail tra le due corsie copre una parte delle buche che trasformano le corsie della Transpolesana quasi in una strada di campagna. Quando arrivi allo svincolo di Zevio ti sembra essere uscito da un incubo. E ad aspettarti, c’è l’ auto dell’Anas parcheggiata fuori dallo svincolo. Ti avvicini ma l’abitacolo è vuoto.

Giampaolo Chavan

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