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La Miteni è fallita, ma non è la parola fine

Presidio dei lavoratori davanti alla Miteni: ieri la sentenza di fallimento
Presidio dei lavoratori davanti alla Miteni: ieri la sentenza di fallimento
Presidio dei lavoratori davanti alla Miteni: ieri la sentenza di fallimento
Presidio dei lavoratori davanti alla Miteni: ieri la sentenza di fallimento

Miteni Spa, azienda vicentina che secondo le istituzioni regionali è responsabile per oltre il 97 per cento della contaminazione da Pfas, è ufficialmente fallita. A dichiararlo, con decisione che ha da subito scatenato forti reazioni, è stata ieri la sentenza adottata in camera di consiglio dalla sezione fallimentare del Tribunale di Vicenza. Si tratta di un provvedimento che finirà per avere un peso sulle azioni che puntano a rimediare all’inquinamento delle falde che colpisce un ampio territorio fra le province di Verona, Vicenza e Padova. Alla contaminazione sono esposti oltre 80mila cittadini residenti in 13 comuni scaligeri: Albaredo, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Cologna, Legnago, Minerbe, Pressana, Roveredo, Terrazzo, Veronella e Zimella. Ma l’inquinamento potrebbe interessare anche altre comunità, ad esempio quella di San Bonifacio. A presentare istanza di fallimento era stata, alla fine di ottobre, la stessa Miteni. L’azienda in quei giorni aveva diffuso una nota in cui spiegava che aveva preso atto dell’impossibilità di portare avanti il piano industriale e accusava una situazione finanziaria che era diventata particolarmente difficile nel giro di pochissimi mesi. Solo nel maggio scorso, infatti, l’azienda aveva presentato una richiesta di concordato preventivo finalizzata alla ristrutturazione dei propri debiti, ma poi, nel giro di cinque mesi, è arrivata a decidere che non le rimaneva che portare i libri in tribunale. I giudici vicentini hanno messo quella che potrebbe essere la parola fine alla tormentata vicenda. Va mantenuto il condizionale perché resta possibile che vengano adottati ulteriori provvedimenti per consentire all’ azienda di rimanere in vita. La sentenza emessa ieri, comunque, prevede la revoca del concordato preventivo e dichiara il fallimento, ordinando al rappresentante legale di Miteni di presentare in tribunale entro tre giorni bilanci, scritture contabili ed elenco dei creditori, nominando come giudice delegato per la procedura fallimentare la dottoressa Silvia Saltarelli e come curatore il commercialista vicentino Domenico De Rosa, che già aveva svolto l’incarico di commissario del concordato. Il provvedimento fissa per il 12 marzo 2019 l’udienza per l’esame dello stato passivo dell’azienda, prevedendo che entro i 30 giorni antecedenti a tale data i creditori possano presentare istanze. Il curatore deve procedere da subito all’inventario dei beni e della situazione di Miteni, per poi «redigere e depositare il programma di liquidazione» entro 60 giorni. Il programma che dovrà essere completato entro due anni dal deposito della sentenza. Impossibile dire oggi che cosa accadrà. Quello che si sa, però, è che il curatore già ieri pomeriggio ha svolto un sopralluogo tecnico e che c’è un piano di svuotamento dalle sostanze chimiche dell’azienda che deve essere avviato al più presto, per evitare che si creino potenziali situazioni pericolose. Quello che invece è ancora solo ipotizzabile è che si stia studiando comunque una soluzione diversa dalla chiusura dell’azienda. Sembra ancora in campo la possibilità che venga concesso, con un nuovo provvedimento, un esercizio provvisorio per verificare se ci sono acquirenti disponibili e rilevare Miteni. In ballo non ci sono solo i 121 posti di lavoro, ma anche i costi della bonifica del sito produttivo, oltre ai danni, la cui entità dovrà essere stabilita quando saranno definite le responsabilità della contaminazione. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luca Fiorin

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