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«La casa di papà andava preservata»

Stefano ColtroIl rustico   dove nacque lo scrittore Dino Coltro demolito a Coriano
Stefano ColtroIl rustico dove nacque lo scrittore Dino Coltro demolito a Coriano
Stefano ColtroIl rustico   dove nacque lo scrittore Dino Coltro demolito a Coriano
Stefano ColtroIl rustico dove nacque lo scrittore Dino Coltro demolito a Coriano

«Le pietre non parlano, siamo noi a dare loro significato, ma l’essere umano si distingue proprio perché nei luoghi, nei manufatti, nei documenti e nell’arte trova il senso della storia e di se stesso». È un fiume in piena Stefano Coltro, figlio del cantore della civiltà contadina nativo di Albaredo, Dino Coltro. La notizia dell’abbattimento della casa natale del padre, a Strà di Coriano, lo ha amareggiato e sconcertato a tal punto che fatica ancora a credere di aver appreso solo dal nostro giornale della scomparsa del rustico dove emise i primi vagiti il maestro, scrittore, ricercatore e animatore delle Acli deceduto nel 2009. La responsabilità della demolizione dell’alloggio dove nacque Coltro non è pubblica. È di un nipote dell’autore, che risiedeva proprio in quell’abitazione, ma che a causa dell’età avanzata e di spiacevoli visite dei ladri aveva bisogno di un luogo più sicuro in cui abitare. Eppure Stefano Coltro, che pure ha avuto un confronto con il parente sulla questione, punta il dito contro l’amministrazione comunale. «Mio padre ha dedicato cinquant’anni della propria vita alla ricerca e alla trascrizione della tradizione orale del mondo contadino, e non di un mondo contadino qualsiasi, bensì proprio di quello della Bassa veronese. Lui ha dato voce a coloro che non avrebbero mai potuto mettere per iscritto il proprio sapere perché dalla cultura ufficiale e dal potere erano esclusi», osserva il figlio. Sebbene negli anni Sessanta si sia trasferito a San Giovanni Lupatoto, Dino Coltro non ha mai reciso il legame con il territorio dove è nato, non ha mai rinnegato le sue umili origini: «Io ero il figlio del bovaio. Io sono uno di loro, non conto niente, io sono con la mia gente», scrisse ne «Il contratto salariale». Quando l’autore parlava ai suoi amici di Verona dei luoghi della sua giovinezza li definiva «la me Bassa». «Temo che stiamo rischiando di ammalarci di un morbo di Alzheimer collettivo», prosegue il figlio del ricercatore. «Forse crediamo che trascorrere il proprio tempo in non-luoghi, come ad esempio nei centri commerciali, ci dia un’identità, invece perdiamo noi stessi», argomenta. «Tocca agli amministratori avere coscienza delle risorse dei propri territori, siano esse economiche, sociali o culturali», prosegue. «Penso che quando arriva un progetto sul tavolo del municipio non ci si può limitare ad applicare la normativa urbanistica, ma si deve avere la sensibilità e il discernimento per capire se ci sia qualcosa degno di ricordarci chi siamo e da dove veniamo». Stefano Coltro si sarebbe aspettato una telefonata, un invito ad un incontro, per decidere insieme il destino di quella casupola di campagna, così semplice eppure così significativa. Quest’anno, peraltro, è uscito «I luoghi degli scrittori veneti», un libretto scritto da Sergio Frigo con altri collaboratori che vuole essere una guida turistico-letteraria. Invita a ritrovare nella nostra Regione località e palazzi dove hanno vissuto autori come Fogazzaro, Comisso, Salgari, Rigoni Stern e altri. Un capitolo è riservato a Coltro, e le tappe del viaggio alla scoperta dell’autore sono quelle di Coriano, Oppeano e Santa Maria di Zevio. Peccato che ora la tappa di Coriano abbia una casella vuota. Mentre a Strà le tracce del maestro sono state cancellate, a Bonavigo si tengono ben stretto un personaggio come Coltro. Nella casa abitata dello scrittore, a Corte Granda, una lapide recita: «Vi posso assicurare che da questa corte non sono mai partito con il mio spirito e il mio animo», come ebbe a dire lui stesso. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Paola Bosaro

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