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«Infiltrazioni mafiose, urgono controlli»

Il ristorante «La Fortezza» al centro dell’interrogazione del M5S
Il ristorante «La Fortezza» al centro dell’interrogazione del M5S
Il ristorante «La Fortezza» al centro dell’interrogazione del M5S
Il ristorante «La Fortezza» al centro dell’interrogazione del M5S

Il Movimento 5 stelle chiede maggiore controllo e trasparenza sulle attività commerciali svolte da Domenico Multari nella Bassa veronese. Il deputato veronese dei pentastellati Mattia Fantinati ha presentato infatti al ministro dell’Interno, Marco Minniti, e a quello della Giustizia, Andrea Orlando, un’interrogazione a risposta scritta per conoscere «quali iniziative si intendano assumere per potenziare gli organici, le capacità e gli strumenti degli organi inquirenti presenti sul territorio della provincia di Verona, al fine di agevolare il controllo delle aree che vedono la presenza massiva e ramificata di numerose famiglie mafiose». L’interrogazione vuole far luce, in particolare, sulla figura di Multari, detto «Gheddafi», da tempo residente a Santo Stefano di Zimella e titolare del ristorante-pizzeria «La Fortezza» affacciato sull’ex statale 500, nel centro di Zimella. Fantinati ricorda che il pentito Angelo Salvatore Cortese ha definito Domenico Multari «punto di riferimento dei 'ndranghetisti veneti».

L’esercente, 55 anni, è gravato da numerosi precedenti penali e condanne definitive per i reati di sequestro di persona, omicidio colposo, ricettazione e bancarotta fraudolenta ed è sospettato di essere affiliato alla cosca della 'ndrangheta calabrese Dragone, operante nella zona di Cutro, in provincia di Crotone, con ramificazioni pure nel Nord Italia, soprattutto nella provincia di Reggio Emilia. Nel 2011 e 2012, a seguito di alcune complesse indagini coordinate dalla Dda di Venezia ed avallate dal tribunale di Verona, sono stati sequestrati a Multari beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 3,5 milioni di euro. In dieci anni «Gheddafi» aveva dichiarato solo 40mila euro di redditi, a fronte di un volume d’affari decisamente molto più cospicuo. «Da quello che si evince da recenti inchieste giornalistiche che hanno suscitato molto clamore, non solo nel piccolo centro dell’Adige Guà, gli investigatori sospettano che parte del suo patrimonio sia ancora protetto da prestanome, tra cui imprenditori e professionisti veneti», fa presente Fantinati nell’interrogazione presentata ai due ministri.

Il deputato del Movimento 5 Stelle teme che l’attività di ristorazione di «Gheddafi» sia una mera operazione di facciata. «Sono quasi cinquemila i ristoranti del nostro Paese finiti nelle mani della criminalità organizzata», osserva il parlamentare pentastellato. «L’attenzione dei clan mafiosi sul mondo della ristorazione spazia dal franchising ai locali esclusivi, dai bar alla moda a trattorie e ristoranti di lusso. Tutte queste attività costituiscono la migliore copertura per mascherare guadagni frutto di attività illecite: traffico di droga, estorsioni e strozzinaggio», conclude il deputato Fantinati.

Paola Bosaro

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