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Il trenino del desiderio di unire i paesi alla città

Il trenino sul ponte dell’AdigeTramvia Verona - Tombetta - San Giovanni Lupatoto - Zevio - Ronco - Albaredo, di fine '800
Il trenino sul ponte dell’AdigeTramvia Verona - Tombetta - San Giovanni Lupatoto - Zevio - Ronco - Albaredo, di fine '800
Il trenino sul ponte dell’AdigeTramvia Verona - Tombetta - San Giovanni Lupatoto - Zevio - Ronco - Albaredo, di fine '800
Il trenino sul ponte dell’AdigeTramvia Verona - Tombetta - San Giovanni Lupatoto - Zevio - Ronco - Albaredo, di fine '800

Le comunicazioni stradali ronchesane e albaretane, non sono mai state facili. A complicarne l’efficacia, tra fine Ottocento e inizi del Novecento, contribuì la costruzione e l’avvio della linea ferroviaria Verona-Albaredo prima e Verona-Coriano poi. Domani, lo storico e scrittore Ernesto Santi, all’Università del tempo libero di Ronco, porrà l’accento su questo strano e quantomai discusso trenino, in una conferenza in sala civica, alle 14.30. Saranno ripercorse le vicende legate al tram a scartamento ridotto, che non esiste più, ma che può aiutare a capire il presente. Nonostante le difficoltà progettuali ed economiche, sul finire dell’Ottocento, si sentì la lungimirante esigenza di collegare quest’area medioatesina a Verona, da parte della Provincia e della Regione. Il tentativo era quello di scalfire l’isolamento dell’area tra l’Est e il Basso veronese, attutito solo dal traffico fluviale, all’epoca ben organizzato. Infinite furono le discussioni, le diatribe, i ripensamenti, i falsi avvisi di inaugurazione disattesi, che lasciavano i cronisti del tempo increduli e contrariati. Ma, ad un certo punto, «el trenin» partì, anche se con tanta fatica, ardimento e pure tanta titubanza. Capitava spesso, infatti, che si fermasse di punto in bianco costringendo i passeggeri a scendere andando in suo soccorso, o meglio, in soccorso del tramviere che molte volte non sapeva «in che acqua trarse», come si diceva. Tante volte avrebbe preferito tuffarsi davvero in Adige e tornare a nuoto. Il trenino, una tradotta alimentata da carbon fossile, partiva dalla stazione di Porta Nuova, raggiungeva Tombetta e Borgo Roma e poi scendeva in pianura. Il fumo dalla locomotiva inondava piazze e centri abitati di San Giovanni Lupatoto, Zevio, Albaro, Ronco, Albaredo e fino a Coriano, con preciso e certo ritardo. «È una storia emblematica, questa, che è segno però di quanto non sia stato facile, e non lo sia ancor oggi, collegare la media pianura veronese che fiancheggia l’Adige con Verona», dice Santi. Dal trenino hanno preso spunto Renato Simoni per un brano poetico (si era soprannominato «Turno») e la vena ridanciana popolare della filastrocca, che riportiamo apprendendola dalla viva voce di Sofia Meneghello, ristoratrice ronchesana: «Io sono il macinino di Tombetta/ che quando parte non arriva mai/ se poi qualcuno avesse fretta/ a piedi arriva prima e sano assai. Io sputo fumo, mangio carbone/ e non posso portare che cinque persone. Se mi mandano alla malora/ vado giù dalla rotaia/ e se vado giù dalla rotaia/ ghe rompo le coste ai passegger. Verona, Tombetta, Ronco, Corian/ parto ancò e arrivo doman». La lezione intende anche far riflettere sul presente: se non altro, per le vicende occorse al trenino, questo territorio si è dimostrato coeso, collaborativo nell’intento. «Ancor oggi vi è la necessità di mettere in gioco quest’area, che non ha nulla da invidiare ad altre in provincia, dal punto di vista viabilistico», anticipa dalla sua lezione Santi, «basterebbe fare sistema, come dimostra e ci suggerisce quell’imprevedibile e sornione trenino di fine Ottocento, lento sì, ma quanto avvicinava Ronco e Albaredo alla città». • Z.M.

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