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I rimedi contro l’impotenza?
C’erano anche nel Cinquecento

La pregevole ceramica cinquecentesca unica nel suo genere in ItaliaLa teca dove è esposta la ceramica al museo di Albaredo DIENNEFOTO
La pregevole ceramica cinquecentesca unica nel suo genere in ItaliaLa teca dove è esposta la ceramica al museo di Albaredo DIENNEFOTO
La pregevole ceramica cinquecentesca unica nel suo genere in ItaliaLa teca dove è esposta la ceramica al museo di Albaredo DIENNEFOTO
La pregevole ceramica cinquecentesca unica nel suo genere in ItaliaLa teca dove è esposta la ceramica al museo di Albaredo DIENNEFOTO

L’elisir d’amore del Cinquecento si cela in una fiasca in ceramica esposta al Museo della civiltà dell’Adige di Albaredo. Il rinnovo dell’esposizione museale ha portato gli studiosi ad una scoperta sensazionale e, per quanto è dato sapere, unica in Italia. Nel Rinascimento veneto, dunque, il precursore del viagra veniva trasportato in forma di intruglio vegetale, dentro ad un contenitore in ceramica lavorata che ne magnificava gli effetti.

Quella che a prima vista, mesi fa, era sembrata ai volontari di «Adige Nostro» che gestiscono il Museo la porzione di una fiasca da pellegrino, ha poi svelato ad un’attenta osservazione connotati molto più interessanti e, per certi versi, inediti. «Mentre il recipiente utilizzato dai pellegrini per dissetarsi durante il cammino era solitamente in ceramica grezza e molto usurato, questa fiasca della metà del Cinquecento, ritrovata nell’Adige, ci è apparsa differente», riferisce l’ispettore onorario della Soprintendenza Gianni Rigodanzo. «È infatti molto bella, rivestita con colori vivaci, giallo, verde, blu, e decorata con volute vegetali. Inoltre, presenta delle incisioni che non avevamo notato prima». Sulla pancia della bottiglia, (di cui è stato rinvenuto soltanto un coccio di 16 x 8 centimetri, ndr) che veniva portata a tracolla, compaiono tre disegni stilizzati dell’organo genitale maschile. Il soggetto in sé non è raro nell’antichità, basti pensare alle raffigurazioni di Pompei e ad altri oggetti che nell’età classica e rinascimentale riportavano parti anatomiche del corpo maschile o femminile per augurare al possessore prosperità. «Quello che ci ha stupito però è la presenza di un campanello appeso al membro maschile, una scelta iconografica inconsueta», continua Rigodanzo. Messa da parte subito l’ipotesi che la ceramica fosse un pappagallo per urinare, assai poco utile, visto che nessuno avrebbe avuto piacere di portarsi appresso i propri bisogni fisiologici mentre camminava, gli studiosi si sono orientati verso un’altra finalità, di tipo curativo.

Anche Mattia Corso, dottorando in Storia moderna all’università di Padova, concorda con questa interpretazione: «Vi sono molte correlazioni nell’antichità fra sessualità e magia». «È un campo ancora poco esplorato nel nostro Paese, ma nello studio di Anthony Colantuono The Penis Possessed apprendiamo quanto fossero diffusi in Italia amuleti portafortuna, pratiche magiche e ricorso a pozioni vendute da ciarlatani per risolvere problematiche legate alla virilità». Colantuono scrive che l’infertilità maschile, nel Cinquecento, era spesso imputata al malocchio, perciò «chi soffriva di questa disfunzione si rivolgeva a maghi o a praticoni che vendevano improbabili rimedi».

Il pene con il campanello, simbolo di risveglio sessuale, è presente pure in alcune statuette di epoca romana e in incisioni beneauguranti del 1400. Ma finora non è mai apparso su una fiasca da pellegrino. «La fiasca di Albaredo è un unicum in Italia, sia per il Cinquecento che per altri periodi storici», certifica uno dei più grandi esperti di ceramiche graffite in Italia, lo studioso Francesco Cozza. «Sono portato a pensare che l’infuso contenuto in questa specie di borraccia fosse venduto da sedicenti medici dell’epoca a conti e principi che cercavano di risolvere i propri problemi sessuali», riferisce Rigodanzo. «L’oggetto è di pregevole fattura perciò non credo fosse destinato al popolo». I visitatori che vedono il nuovo reperto esposto in una teca del Museo di Albaredo rimangono basiti. E forse qualcuno tira pure un sospiro di sollievo: non erano tutti Casanova gli uomini del passato, l’impotenza affliggeva pure loro.

Paola Bosaro

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