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I bulli del bus confessano: «Siamo pentiti»

Una fermata del bus dell’Atv a Legnago, dove volevano salire senza pagare i quattro giovani poi identificati FOTO DIENNE
Una fermata del bus dell’Atv a Legnago, dove volevano salire senza pagare i quattro giovani poi identificati FOTO DIENNE
Una fermata del bus dell’Atv a Legnago, dove volevano salire senza pagare i quattro giovani poi identificati FOTO DIENNE
Una fermata del bus dell’Atv a Legnago, dove volevano salire senza pagare i quattro giovani poi identificati FOTO DIENNE

Adesso i carabinieri sanno chi sono e cosa hanno fatto esattamente i quattro ragazzi che da febbraio hanno iniziato a fare i «bulli» sulla corriera che da Legnago porta a Verona, la linea 144. Il comandante Antonio Bortolozzo e suoi uomini della caserma di Bovolone, coordinati dal comando Villafranca, li hanno interrogati a lungo uno ad uno e nessuno di loro - tre sedicenni e un ventunenne di Legnago - ha fatto alcuna resistenza a confessare. Anzi, hanno collaborato, hanno aiutato i militari e ricostruire con chiarezza i fatti avvenuti ai danni degli autisti dell’Azienda dei trasporti veronese e ammesso le loro colpe di cui hanno pesato la gravità solo parlandone faccia a faccia con l’autorità. Si tratta di offese, anche pesanti, di strattoni, di sputi e pure di un pugno sferrato al naso di L.M., l’autista di 52 anni per la quale si è formalizzata la denuncia dalla quale sono poi partite le indagini prima per identificare la «banda» e quindi per accreditare loro il ruolo che ciascuno ha avuto nelle brutte vicende successe, di fatto, tutte a Bovolone. Questo era il paese che volevano raggiungere i ragazzi perché è nella cittadina del mobile che avevano la loro compagnia, amicizie e forse anche qualche ragazzina da corteggiare. SOLO CHE VOLEVANO viaggiare senza pagare. Come fare? Soldi in tasca non ne avevano: tutti sono «fuori» dalla scuola, hanno interrotto gli studi, e nessuno di loro ha un lavoro. In questo contesto di bisogno di fare comunque ciò che tutti i loro coetanei fanno, i quattro hanno pensato bene - anzi male - di servirsi del bus non solo senza pagare il biglietto ma anche pretendendo di essere trasportati lo stesso a destinazione. La cosa qualche volta è riuscita, altre volte no. Ed è stato in queste occasioni che i tre sedicenni e H.D., 21 anni, hanno ingaggiato delle prove di forza con l’autista di turno il quale si innervosiva, diceva loro che non sarebbero saliti, che non c’era niente da fare, innescando reazioni violente. Purtroppo, a seguito di controlli e rifiuti di fare i biglietti e di pretese, facendosi forza di essere gruppo, hanno calcato la mano, fino a passare, appunto, alle mani. Le «confessioni» che si sono tenute nella caserma di Bovolone sono avvenute anche alla presenza dei genitori - per quanto riguarda i tre minorenni - i quali hanno così saputo del comportamenti dei figli. Si tratta, come dicevamo, di famiglie della Bassa, di immigrati magrebini e romeni inseriti nel tessuto sociale, le cosiddette famiglie «normali», senza particolari disagi. Certo non ricche, ma non ai margini della società. Sono da tempo nella Bassa e qualcuno dei loro figli qui vi è nato. I TRE MINORENNI accusati, a vario titolo, di violenza e minacce a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e lesioni personali in concorso, sono stati deferiti al Tribunale dei minori di Venezia mentre il fascicolo del maggiorenne è in mano alla procura di Verona. Costui è, di fatto, quello che rischia di più, anche perché ha qualche precedente per danneggiamenti. Tutti comunque saranno giudicati per avere, a febbraio, bloccato, mettendosi in mezzo alla strada, la corriera che stava ripartendo da Bovolone verso Legnago, avere quindi colpito il mezzo con calci e pugni il mezzo e, una volta saliti, aver aggredito a parole l’autista, accusandolo di volerli lasciare a piedi; a marzo per aver rotto il setto nasale del conducente dopo che questi aveva detto loro che non sarebbero stati portati sul bus senza biglietto: dopo la violenza, il quartetto si era dileguato per Bovolone; e di nuovo a marzo per aver sputato addosso al dipendente Atv dopo che aveva detto ai quattro di scendere dall’autobus, visto che non avevano pagato. Insomma, un quadro non facile e che non è stato facile ricostruire anche per mancanza di testimoni che abbiano voluto, magari volontariamente, raccontare come fossero andate le cose. •

Daniela Andreis

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