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Forum interministeriale su Pfas e acqua inquinata

Da sinistra, Boscagin, Albiero e Zampetti davanti al ministero della Salute
Da sinistra, Boscagin, Albiero e Zampetti davanti al ministero della Salute
Da sinistra, Boscagin, Albiero e Zampetti davanti al ministero della Salute
Da sinistra, Boscagin, Albiero e Zampetti davanti al ministero della Salute

La questione Pfas sarà oggetto di un incontro interministeriale volto ad approfondirne tutti gli aspetti. A dirlo, ieri, ai rappresentanti dei comitati ambientalisti che si battono per ottenere la soluzione del caso di inquinamento - scoperto cinque anni fa e riguardante un ampio territorio comprendente anche 13 Comuni del Basso ed Est Veronese - sono stati i dirigenti competenti del ministero della Salute e dell'Istituto superiore di Sanità. A chiedere un confronto con i rappresentati del dicastero di cui è a capo Giulia Grillo era stata Legambiente. Dopo qualche giorno di attesa, mercoledì scorso è arrivato un invito a breve termine. L'incontro, infatti, si è svolto ieri mattina. Erano presenti il capo della segreteria tecnica del ministro, Giuseppe Amato, il direttore del dipartimento ministeriale della Prevenzione sanitaria, Claudio D'Amario, ed il responsabile del reparto Igiene delle acque interne dell'Istituto superiore di Sanità, Luca Lucentini, oltre al direttore nazionale di Legambiente Giorgio Zampetti, a Marzia Albiero, Rete gas vicentina, ed al colognese Piergiorgio Boscagin, che è il portavoce del coordinamento Acqua libera dai Pfas. «Gli stessi rappresentanti delle istituzioni hanno riconosciuto che la situazione in atto continua ad essere grave e si sono detti preoccupati per gli effetti di un inquinamento che interessa molte persone ed un ampio territorio», spiega Boscagin. Il quale, riferendo dell'annuncio di quello che si preannuncia come una sorta di forum, previsto a settembre, spiega che ai funzionari governativi è stato presentato un report contenente una serie di richieste. Si va dall'allacciamento degli acquedotti a fonti sicure, che ancora manca, all'obbligatorietà dei controlli dei pozzi privati, da nuovi controlli sugli alimenti al divieto di spargimento nei campi dei fanghi da depurazione, dall'estensione dello screening sullo stato di salute della popolazione a chi ha meno di 14 e più di 65 anni, oltre che ai territori vicini a quelli considerati più esposti, a misure volte ad impedire la produzione ed il commercio dei Pfas. D'altro canto, nei giorni scorsi, a margine di un incontro svoltosi a Gallio, nel Vicentino, il sottosegretario all'Ambiente Vannia Gava aveva affermato che è compito della politica stabilire limiti massimi di tollerabilità ai Pfas da parte delle persone ed adottare una legge sulle responsabilità che impedisca che i costi delle bonifiche vengano scaricati sulle finanze pubbliche, permettendo di rivalersi anche nei confronti di chi controlla le aziende autrici della contaminazione. Intanto, continua a tenere banco quanto denunciato nei giorni scorsi da Greenpeace. L'associazione ha presentato due esposti, uno in Procura a Vicenza ed uno alla Corte dei Conti regionale, nei quali parla di un inquinamento del 2013 da sostanze diverse da quelle perfluoro-alchiliche nell'area in cui si trova Miteni, l'azienda chimica di Trissino che secondo l'Arpav è la principale responsabile della contaminazione da Pfas. Una situazione riferita dalla stessa Miteni nella richiesta di rinnovo dell'autorizzazione ambientale, che ha poi ottenuto nel 2014. Se l'azienda liquida la questione parlando di «campagna diffamatoria», il sindaco di Pressana, paese che fa parte dell'area rossa, Stefano Marzotto afferma invece: «Se quanto denunciato da Greenpeace fosse vero saremmo di fronte ad un fatto di una gravità inaudita, che avrebbe conseguenze penali per chi non è intervenuto». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luca Fiorin

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