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A Villa Serego-Rinaldi

Coriano, i ladri
rubano pietra
da due quintali

A Villa Serego-Rinaldi
Il foro lasciato dai ladri che hanno trafugato la lastra DIENNEFOTO
Il foro lasciato dai ladri che hanno trafugato la lastra DIENNEFOTO
Il foro lasciato dai ladri che hanno trafugato la lastra DIENNEFOTO
Il foro lasciato dai ladri che hanno trafugato la lastra DIENNEFOTO

Una pietra rotonda del peso di due quintali è stata trafugata di notte dal sagrato della chiesetta di villa Serego-Rinaldi, a Beccacivetta di Coriano. Adesso, davanti all’oratorio della Madre del Buon Consiglio, c’è un piccolo pozzo della profondità di 50 centimetri che dovrà essere coperto per evitare cadute accidentali.

La notizia dell’ennesimo furto nel complesso dei conti Serego, risalente al XVI secolo, lascia interdetti. Ormai non si contano più le spoliazioni e i danni compiuti da malviventi che, con tutta probabilità, lavorano su commissione per commercianti d’antiquariato o che sono semplicemente alla ricerca di qualche oggetto facile da piazzare sul mercato illegale per ricavare soldi.

Se qualche anno fa i ladri cercavano arredi preziosi, statue e suppellettili appartenute alle ultime proprietarie della villa, le sorelle Rinaldi, ultimamente è la cappella settecentesca ad essere finita nel mirino dei ladri.

 

L’ultima spiacevole visita era avvenuta ai primi di novembre, quando ignoti erano penetrati nella chiesetta dal retro e avevano danneggiato l’altare alla ricerca di reliquiari e monili in oro, in realtà non presenti nell’oratorio. In quell’occasione il furto non era andato a segno ma erano rimasti l’altare e una statua rovinati dai banditi. Qualche sera fa, invece, il saccheggio è andato a segno, nonostante le oggettive difficoltà dell’operazione.

La lastra di marmo, del diametro di 116 centimetri e con uno spessore di 13, copriva l’impluvio del sagrato, dove defluivano le acque piovane. Realizzata nella prima metà del Settecento, quando la cappella fu rinnovata dal conte Antonio Marassi di Serego, presentava delle semplici decorazioni sulla superficie, ancorché consunte dall’usura e dal tempo, e sei fori per far scorrere l’acqua nel bacino sottostante. La pietra è stata con ogni probabilità sollevata con delle leve. «Potrebbe essere stata smossa con le forche di un carrello elevatore o qualche altro attrezzo usato in agricoltura», ipotizza il presidente di «Adige Nostro» Gianni Rigodanzo, custode della villa. «Le tracce lasciate sul terreno fanno pensare alla presenza di un mezzo da cantiere oppure ad un trattore».

Dopo essere stato sollevato, il pesante pezzo di marmo è stato probabilmente trasferito su un furgone. Il furto è stato denunciato dai volontari di «Adige Nostro» ai carabinieri della stazione di Ronco. •

Paola Bosaro

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