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Confermata la condanna del sindaco

La Cassazione respinge il ricorso e conferma la condanna ad un anno e nove mesi del sindaco di Zimella per riciclaggio.

L’uovo di Pasqua ha riservato una sorpresa indigesta al primo cittadino. Dopo oltre sei anni di battaglie giudiziarie e dure contrapposizioni politiche, la Suprema Corte ha stabilito in via definitiva le responsabilità di Alessia Segantini (45 anni) e della madre Marisa Fasolo (75 anni) nella vicenda che vide Filiberto Segantini (padre di Alessia e marito di Marisa) patteggiare 4 anni e 6 mesi per diversi episodi di corruzione.

Tutto era iniziato nel marzo del 2009 con un’indagine della Guardia di finanza di Vicenza nel settore della concia della Vallata del Chiampo. I finanzieri appurarono che decine di imprese avevano corrotto funzionari dell’Agenzia delle entrate allo scopo di ammorbidire le verifiche fiscali. L’operazione vide indagati a vario titolo 107 soggetti; furono accertati numerosi episodi di natura illecita, per un totale di circa 2,3 milioni di euro di tangenti. Filiberto Segantini (69 anni), ispettore del Fisco ad Arzignano fino al 2010, confessò di aver ricevuto bustarelle per centinaia di migliaia di euro dagli imprenditori vicentini e fu condannato nell’estate del 2012. L’uomo non è finito in carcere, bensì sta scontando la sua pena ai Servizi sociali.

Nel frattempo, pure la moglie Marisa e la figlia Alessia, diventata sindaco di Zimella nel 2009 e rieletta nel 2014, erano state indagate con l’accusa di riciclaggio. Per la Polizia tributaria le due donne avevano riutilizzato parte dei proventi illeciti del funzionario del Fisco, acquistando immobili e un’auto. Filiberto Segantini aveva chiesto alla banca l’emissione di assegni circolari sotto i 12.500 euro per pagare due appartamenti. In primo grado il gup del tribunale di Verona Laura Donati condannò con rito abbreviato il primo cittadino di Zimella a due anni di reclusione e tremila euro di multa. La madre, invece, subì una condanna a 21 mesi e 1.400 euro. Furono sequestrate due case intestate ad Alessia Segantini a Cologna e una Volkswagen New Beetle, per un valore di 188.320 euro. In secondo grado, nel 2014, la Corte d’Appello confermò il reato ma diminuì la pena al sindaco a un anno e 9 mesi, restituì l’auto e mantenne invece la confisca di un immobile per un valore di 72mila euro. Le due donne si sono sempre proclamate innocenti e chiedevano la revisione della sentenza. Il ricorso in Cassazione però è stato respinto, in quanto «i giudici di primo e secondo grado, con valutazione conforme, hanno indicato una serie di elementi di fatto dai quali desumere la colpevolezza». In particolare, «la sproporzione tra l’importo dello stipendio del padre, la mancanza di redditi della figlia e il prezzo di acquisto degli immobili rendevano chiara la natura dell’operazione effettuata». Le due imputate hanno inoltre «accettato il rischio della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito», provenienza che avrebbe dovuto apparire palese, «trattandosi di somme del tutto incompatibili con i redditi leciti del funzionario». Fasolo e Segantini sono state condannate a pagare le spese processuali.

Paola Bosaro

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