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Azienda Bassa, la crisi non finisce mai

Falegnameria per la produzione di mobiliI carabinieri di Villafranca hanno collaborato con la polilzia locale all’arresto dei tre in fuga
Falegnameria per la produzione di mobiliI carabinieri di Villafranca hanno collaborato con la polilzia locale all’arresto dei tre in fuga
Falegnameria per la produzione di mobiliI carabinieri di Villafranca hanno collaborato con la polilzia locale all’arresto dei tre in fuga
Falegnameria per la produzione di mobiliI carabinieri di Villafranca hanno collaborato con la polilzia locale all’arresto dei tre in fuga

A Legnago e nella Bassa la crisi si è «mangiata» oltre duemila aziende in 10 anni. Nei 25 Comuni del comprensorio della pianura veronese non conosce sosta la riduzione del numero di aziende: nonostante qualche segnale in controtendenza, la congiuntura fa ancora sentire i suoi effetti in quasi tutti i settori produttivi. In base agli ultimi dati elaborati dalla Camera di commercio, nella prima metà del 2018 nell’area a sud di Verona hanno chiuso i battenti 138 imprese, passando dalle 14.618 aziende del 2017 alle 14.480 registrate al 30 giugno scorso. Secondo il consuntivo dell’ente camerale, pertanto, nell’arco di 12 mesi è «sparito» complessivamente l’1,4 per cento delle ditte presenti nel 25 Comuni. Il conto è ancora più salato se si considera il lungo periodo, visto che il trend è in discesa da 13 anni consecutivi. Nel 2005, ultimo anno in cui nella Bassa si è registrata una crescita delle imprese, quelle attive erano ben 16.855. Ciò significa che in 13 anni sono state «perse» ben 2.375 aziende. Il deficit rimane pesante pure se si considerano soltanto gli ultimi 10 anni: dalle 16.548 società del 2008 alle attuali 14.480 mancano all’appello 2.068 attività. IL CONSUNTIVO della Camera di commercio, inoltre, rivela come le chiusure abbiano penalizzato quasi tutti i settori. Il comparto più colpito è stato quello dell’industria, dove hanno cessato l’attività 48 stabilimenti, passando da 2.285 a 2.237 imprese. A seguire c’è il commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio, sceso da 2.953 a 2.917 negozi (-36 unità). Le aziende agricole, dal canto loro, si sono ridotte di 31 unità, scendendo da 3.138 a 3.107, mentre le aziende del settore delle costruzioni sono passate da 2.016 a 1.996 (-20). Per quel che concerne le produzioni manifatturiere, la fabbricazione dei mobili è quella che si è ridotta maggiormente, calando da 848 a 818 licenze, seguita dalle aziende che confezionano articoli cdi abbigliamento, in pelle e in pelliccia, ridotte da 148 a 138. Particolarmente penalizzato, inoltre, è stato il settore delle imprese artigiane, crollate da 4.509 a 4.437, così come hanno registrato un trend in discesa le imprese guidate da donne, ridotte da 2.749 a 2.717 e quelle appartenenti a giovani, calate da 1.129 a 1.014. Sono invece cresciute le aziende controllate da stranieri, salite da 1.276 a 1.315. Da Albaredo a Villa Bartolomea, il calo di attività economiche ha colpito quasi tutti i centri della pianura veronese. Soltanto quattro Comuni, ovvero Gazzo Veronese, Oppeano, Roverchiara e Roveredo di Guà, hanno registrato, in un anno, una crescita positiva, anche se le percentuali di incremento non sono elevate. L’aumento, pertanto, oscilla tra lo 0,2 per cento di Gazzo, che nei soli primi sei mesi di quest’anno ha registrato cinque nuove imprese, arrivando a quota 502, e l’1,8 per cento di Roveredo di Guà. Quest’ultimo paese, dall’inizio del 2018, ha visto insediarsi sul proprio territorio sette nuove ditte, arrivando a 174 imprese. DUE PAESI, Boschi Sant’Anna e Salizzole, hanno registrato una crescita pari a zero, mantenendo, rispettivamente, 132 e 414 imprese. Per gli altri 19 Comuni, invece, i dati dell’ente camerale sono simili ad un bollettino di guerra. In base al consuntivo, infatti, Bonavigo è stato il centro dove si è rilevata, in percentuale, la riduzione maggiore, pari a -5,3 per cento in un anno, tanto che dal 2017 ad oggi le imprese sono scese da 2018 a 197. A seguire ci sono Concamarise (-4,8 per cento), passato da da 128 a 118 imprese, e San Pietro di Morubio, (-4,5 per cento), sceso a 273 ditte. Dal punto di vista quantitativo, la città che ha visto più imprese chiudere i battenti è stata Cerea, con 25 serrande abbassate dall’inizio dell’anno, passando da 1.881 a 1.856 unità. Al secondo posto c’è Legnago: il capoluogo della Bassa, che si conferma come il Comune con più attività in assoluto, ha visto sparire 22 società dalla fine del 2017 a oggi, scendendo da 2.488 a 2.466 aziende. •

Fabio Tomelleri

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