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Ambientalisti a Roma
«Lo Stato deve attivarsi»

Acqua che esce dal rubinetto: nella Bassa le  falde sono contaminate
Acqua che esce dal rubinetto: nella Bassa le falde sono contaminate
Acqua che esce dal rubinetto: nella Bassa le  falde sono contaminate
Acqua che esce dal rubinetto: nella Bassa le falde sono contaminate

L'emergenza «Pfas» è tornata al centro dell'attenzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlate - la cosiddetta «commissione ecomafie» - grazie alla «deposizione» degli ambientalisti. Mercoledì scorso, infatti, sono stati sentiti in Parlamento - in merito alla dibattuta contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche che sta interessando le acque superficiali e di falda di un ampio territorio che comprende il Basso Veronese, il Basso Vicentino ed il Basso Padovano - il presidente di Legambiente Veneto, Luigi Lazzaro, il portavoce del Coordinamento Acque Libere dai Pfas, il colognese Piergiorgio Boscagin, ed il presidente del Centro di Azione giuridica di Legambiente Veneto, l’avvocato Luca Tirapelle.

I rappresentanti del mondo «No-Pfas» avevano chiesto di poter dire la loro sull'emergenza in atto e sugli effetti che essa può avere su un grande numero di cittadini dell’area contaminata. I numeri ufficiali parlano di circa 250mila persone esposte all'inquinamento, di cui 110mila saranno oggetto di controlli sanitari generalizzati. Quindi, per prima cosa, i portavoce di associazioni e comitati hanno presentato le proposte per le quali stanno raccogliendo firme di sostegno fra la popolazione. La prima riguarda il fatto che attualmente non esistono limiti imposti dalla legge e, pertanto, chiedono l'adozione di parametri ufficiali improntati al criterio di massima precauzione per le acque potabili, quelle dei pozzi privati, di falda e superficiali.

Alla commissione, inoltre, gli ambientalisti hanno fatto notare la necessità che nel territorio inquinato da sostanze perfluoro-alchiliche le fonti di approvvigionamento degli acquedotti contaminati vengano sostituite, individuando quanto prima tempi, modalità e risorse economiche per attuare gli interventi necessari. Interventi per i quali c'è peraltro la disponibilità degli enti gestori del servizio. «Il miliardo di euro annunciato dal presidente regionale Luca Zaia per il biomonitoraggio sulla popolazione va speso in maniera molto oculata, in modo da recuperare risorse per il trasferimento delle fonti di approvvigionamento degli acquedotti, senza gravare ulteriormente sulle tasche dei cittadini», ha affermato Lazzaro al termine dell'incontro. Se il tema di fondo resta l'applicazione del principio secondo cui chi inquina paga, Tirapelle afferma che «è necessario un potenziamento degli organi statali preposti al controllo e alla prevenzione su un territorio, quello Veneto, che è inquinato anche da concerie e da un'agricoltura intensiva». «Per questo», spiega, «abbiamo chiesto di valutare la sussistenza della nuova ipotesi introdotta dalla recente legge 68/2015 sugli Ecoreati e di attivare l'Avvocatura dello Stato per sopperire alle mancanze della Regione Veneto, nonché di intraprendere le opportune azioni sia in sede civile che penale nei confronti dei responsabili».

«I cittadini, che si ritengono tutt’altro che allarmisti», sottolinea Piergiorgio Boscagin, «hanno bisogno di risposte e di soluzioni e si aspettano dei progetti partecipati, chiari e comprensibili da parte di tutti gli organi competenti. Progetti che salvaguardino la salute umana, l’agricoltura ed il territorio».

Luca Fiorin

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