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L'ESODO GIULIANO-DALMATA

Foibe, il Giorno
del Ricordo:
«Lutto europeo»

L'ingresso di una foiba scoperta in Friuli
L'ingresso di una foiba scoperta in Friuli
L'ingresso di una foiba scoperta in Friuli
L'ingresso di una foiba scoperta in Friuli

Si celebra il 10 febbraio il «giorno del ricordo», dedicato alle vittime delle foibe e all'eccidio della popolazione italiana istriano-dalmata. C'è stato un tempo, infatti, in cui a fuggire dagli orrori della guerra verso il sogno di una vita migliore erano proprio gli italiani. In particolare le popolazioni della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia, terre passate alla Jugoslavia del maresciallo Tito alla fine della II Guerra Mondiale, in seguito al trattato di Parigi del 10 febbraio 1947. 
L'esodo istriano, l'epurazione forzata di tutti gli individui di etnia italiana residenti in quelle terre, interessò almeno 300mila persone e fu accompagnato da un vero e proprio sterminio tramite il cosiddetto infoibamento, ovvero l'uccisione e la sepoltura delle vittime nelle foibe, le grotte carsiche che caratterizzano il territorio. Si stima che le vittime delle foibe furono oltre 11mila anche se non tutti furono sepolti nelle grotte; molti, dopo i rastrellamenti e le persecuzioni di Tito, furono deportati in campi di concentramento dove subirono atroci torture come vendetta contro il tramontato regime fascista e, soprattutto, per imporre il nuovo regime filocomunista, eliminando ogni possibile forma di resistenza. 
Dal 2005 la giornata del 10 febbraio è dedicata al ricordo dell'eccidio e numerose iniziative vengono organizzate nei luoghi delle stragi, in memoria delle vittime di questa triste pagina della storia europea.

La tragedia degli infoibati «è un dolore dell'Europa, dell'Italia, ma oggi vogliamo far sì che sia anche il nostro dolore perché non sia mai dimenticato o taciuto». Lo ha detto il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, in occasione delle celebrazioni in Senato del Giorno della memoria delle vittime delle foibe. «Sono giorni di tensione in Europa: la richiesta dell'Italia di vedersi riconosciuto lo sforzo umanitario verso i migranti che ha impedito altre tragedie è stata ad oggi sterilizzata da tecnicismi e burocrazia. Eppure - ha proseguito - abbiamo fatto l'Europa per liberare la circolazione delle persone, delle cose e delle idee e per costruire una comunità di valori e di conoscenza. Il principio dell'eguaglianza e quello dignità della persona restano l'antidoto perché non tornino più né la guerra, né le foibe, nè le torture che sono parte della storia di tante famiglie dalmato-istriane». «Il dolore che prova chi è vittima dell'odio non può essere risarcito. È una compagnia sorda e costante, che passa attraverso le generazioni. Dai morti ai superstiti. Dai superstiti ai loro figli e figlie. Le migliaia di italiani che furono vittime della pulizia etnica - ha continuato Giannini - che furono derubati, spinti all'esilio o uccisi da un nazionalismo cieco sono espressione di quel dolore senza risarcimento. L'Italia non ha timore, in questo centenario della Grande Guerra, di affermare con forza che i nazionalismi che generarono la guerra, generarono anche un dopoguerra fatto di prepotenze e prevaricazioni. Il Ministero dell'Istruzione non ha paura di affermare con nettezza che l'atto che nel 1923 cancellò dall'insegnamento le lingue slovena e croata, fu un'umiliazione inaccettabile e dannosa».

«Non sfuggiamo alla responsabilità morale - ha continuato il ministro dell'Istruzione - di ribadire che le repressioni fasciste, succedute all'attacco alla Jugoslavia, sono state vili e violente, con internamenti, fucilazioni e con una semina d'odio che non è rimasta senza la sua sanguinosa mietitura, dopo l'8 settembre e dopo il 1945. E nemmeno esitiamo nel dire che, quando gli irregolari e poi le milizie titine misero in atto una vendetta dai numeri spaventosi e dalle modalità impressionanti, fu perpetrato un crimine di proporzioni inaudite. Questo crimine per troppi decenni è rimasto sigillato da un silenzio insopportabile». «Ogni anno vogliamo e dobbiamo infrangere il silenzio. L'Italia democratica e repubblicana, l'Italia della liberazione e della Costituzione, ma soprattutto l'Italia della scuola dice che quel grumo di lutti sono lutti nazionali ed europei. Chi insegna tutto questo, in tutte le scuole italiane, anche quelle lontane dall'Istria e dalla Dalmazia, adempie al dovere della scuola: dare ai nostri ragazzi quegli strumenti critici che servono a conservare consapevolmente il ricordo». «Anche con le foibe dobbiamo vigilare e sventare il rischio di banalizzazione. La scuola, l'Università, fanno la loro parte con le maestre e i maestri, le professoresse e i professori, i ricercatori e le ricercatrici. È una comunità che lavora ogni giorno per tenere aperto il canale indispensabile fra il passato e le domande delle nuove generazioni e che noi ci facciamo sul presente e sul futuro», ha concluso Giannini.

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