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Anche ex calciatrice

La boss dei narcos
faceva la badante
nel Vicentino

di Ivano Tolettini
La vicenda
Carmela Riemma, 45 anni
Carmela Riemma, 45 anni
Carmela Riemma, 45 anni
Carmela Riemma, 45 anni

 I finanzieri del Gico di Napoli hanno impiegato due anni per individuarla e catturarla. Carmela Riemma di Acerra (Napoli), per qualche tempo, pareva davvero essere svanita nel nulla. Si era procurata documenti falsi per rifarsi una vita come insospettabile, affabile e diligente badante, niente meno che in una famiglia di Thiene, nel Vicentino.

Fino a qualche giorno fa, Carmela, era riuscita a esclissarsi con abilità e grazie alle giuste coperture criminali. Non si vive per due anni alla macchia, braccati dai “baschi verdi”, se non si ha alle spalle la Camorra che vigila. Si può immaginare il comprensibile stupore dei suoi datori di lavoro quando hanno scoperto chi fosse in realtà: una primula rossa del traffico internazionale di cocaina dall’Ecuador.

 

«Non ha mai sgarrato una volta, il suo comportamento è stato irreprensibile», hanno spiegato sconvolti i suoi nuovi “familiari”, che l’avevano accolta in casa con simpatia. Lei, invece, era addirittura la capa di una pericolosa associazione per delinquere assieme al fratello Salvatore, con radici nella città metropolitana di Napoli e addentellati dall’altra parte del mondo. Non a caso lei deve scontare adesso 21 anni e mezzo di reclusione, mentre il congiunto 24 anni.

 

Certo, il nome di Carmela Riemma di 45 anni, ai vicentini ovviamente non dice nulla. Ma per i magistrati della procura campana il suo arresto era diventato un chiodo fisso, dopo che il 29 gennaio 2015 la Cassazione ci mise sopra il timbro, perché la sentenza era divenuta definitiva. Quel giorno anche il fratello Salvatore, 53 anni, conobbe il suo destino giudiziario, così come Francesco Andreone (7 anni di reclusione), Giovanni Tufano (12 anni), Gaetano De Maria (5 anni), Francesco Di Giovanni (4 anni) e Nunzio Esposito (8 anni). L’organizzazione criminale guidata da Carmela, un passato anche da calciatrice ad Avellino, aveva operato tra il giugno 2000 e l’ottobre 2001. Dunque, un bel po’ di anni fa, quando la guardia di finanza aveva ricostruito la mappa di uno dei tanti canali battezzati dai narcos per la rivendita di cocaina sudamericana in Italia. In particolare, i due fratelli Riemma sono stati ritenuti dai giudici ai vertici della gang in qualità di «promotori, dirigenti e organizzatori» dell’importazione di “neve” di purissima qualità dall’Ecuador attraverso il Piemonte. I finanzieri tramite anche intercettazioni telefoniche riuscirono ad attribuire a ogni componente della banda il proprio ruolo. I fratelli Riemma, tutt’altro che sprovveduti, avevano utilizzato telefonini con sim straniere per sfuggire alle registrazioni della Finanza. Inutilmente.

I loro difensori davanti ai Supremi giudici hanno cercato di smontare l’impalcatura investigativa sostenendo che l’attività di intercettazione compiuta in Italia su utenze straniere avrebbe dovuto essere autorizzata dalla magistratura d’oltre confine tramite una rogatoria internazionale. Ma la Cassazione ha risposto picche. Il ragionamento avrebbe avuto fondamento giuridico soltanto se le intercettazioni fossero state svolte all’ estero. In realtà, tornando al Vicentino, la domanda che gli investigatori si stanno facendo è su che tipo di coperture abbia potuto far affidamento Carmela Riemma per vivere nel Thienese così a lungo, nonostante il corpo speciale del Gico di Napoli l’avesse messa nel mirino fin dalla primavera 2015. Certamente su una raffinata e pericolosa rete di complicità su cui la magistratura vuole fare luce. Tanto più, considerando la levatura criminale dei fratelli Riemma, capaci di imbastire un’importazione di droga che interessava anche le piazze toscane e della Capitale, in stretta collaborazione con i narcos. Si comprende perché dopo la cattura nel Vicentino della latitante, la procura di Napoli ha emesso un comunicato per complimentarsi con la guardia di finanza.

 

 

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