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OPERAZIONE PARTITA DA PESARO

Falsi prodotti «bio»
Rinviati a giudizio
anche dei veronesi

Scaffali di un supermercato (Archivio)
Scaffali di un supermercato (Archivio)
Scaffali di un supermercato (Archivio)
Scaffali di un supermercato (Archivio)

Con la richiesta di rinvio a giudizio di 33 persone, si sono concluse le indagini sulla frode nel settore dei prodotti agroalimentari biologici, condotte dalla Guardia di Finanza di Pesaro e dall`Ispettorato Repressione Frodi (Icqrf) del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ed effettuate nell`ambito dell`operazione denominata «Vertical Bio». Le investigazioni, durate circa 2 anni, hanno consentito di individuare e disgregare due associazioni per delinquere composte da imprenditori italiani, operanti nel settore dell`importazione e vendita di prodotti biologici, situati a Pesaro, Campobasso, Piacenza e Verona e dai responsabili a vario livello di due organismi di certificazione, con sede a Fano e Sassari, ai quali era demandato il controllo dei prodotti falsamente attestati come «biologici». 

I due gruppi criminali erano legati dalla comune appartenenza di alcuni soggetti che operavano nell`ambito dei due organismi di certificazione e dal metodo di frode utilizzato che consisteva nella creazione di una filiera unica di produzione, importazione e vendita dei prodotti agroalimentari gestita dai sodali dell`associazione, alla quale veniva affiancata una rete di controlli e certificazioni rilasciate dagli organismi, i quali attestavano falsamente la natura biologica dei prodotti. Il sistema di frode consolidato nel tempo consisteva, in una prima fase, nella quale veniva operata la produzione di granaglie in Paesi terzi, quali Moldavia, Ucraina, Kazakistan, che venivano qualificate come «biologiche» dagli organismi di certificazione situati nei medesimi Paesi ma controllati dai soggetti italiani strettamente collegati e/o cointeressati agli imprenditori titolari coinvolti nella frode. 

Successivamente le granaglie venivano importate in Italia, talvolta anche con l`interposizione di una società maltese che provvedeva a sdoganare la merce ed introdurla all`interno dell`Unione europea, eludendo in tal modo i rigidi controlli previsti nel territorio italiano. In tal modo la merce, veicolata dalla società maltese, era rivenduta sul territorio italiano e dell`Unione europea senza che fosse ulteriormente controllata. Il sistema fraudolento ha consentito alle aziende coinvolte di importare, dal 2007 al 2013, un quantitativo di granaglie di circa 350mila tonnellate, costituto in particolare da mais, soia, grano, colza, semi di girasole, con il conseguimento di un fatturato stimato di circa 126 milioni. L`attività operativa ha permesso, attraverso la mappatura dei prodotti e la rilevazione delle relative vendite, di calcolare il provento illecito derivante dall`attività fraudolenta per un ammontare complessivo pari a circa 32 milioni di euro.

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