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Cyberbullismo,
occhio ai campanelli
d’allarme

Domenico Caruso, docente di informatica alla scuola di polizia di Peschiera, con i genitori
Domenico Caruso, docente di informatica alla scuola di polizia di Peschiera, con i genitori
Processo al bullismo a Pizzoletta di Villafranca (video Pecora)

«Magari non salutiamo il vicino e poi abbiamo un profilo aperto sui social, equivalente a lasciare la porta aperta quando usciamo di casa». Con questo paradosso Domenico Caruso, docente di informatica alla scuola di polizia di Peschiera, ha messo in guardia i genitori dei ragazzi della scuola media Altichiero, accorsi in massa nella sala conferenze dell’ex municipio per apprendere come affrontare adeguatamente i pericoli da cyberbullismo cui sono esposti i loro figli quando navigano in Rete. Secondo statistiche, con la diffusione degli samartphone, gli adolescenti passano cinque ore della loro giornata in Internet.

«Non è fattibile spegnere pc, tablet e smartphone: sarebbe come togliere ai ragazzi parte della loro vita», ha avvertito Caruso. Allora, come evitare raggiri, adescamenti, furti di pezzi di vita e di dati? «Tenendo il pc e tablet in luoghi frequentati da tutta la famiglia, come ad esempio il salotto, senza però essere autoritari ma attraverso percorsi autorevoli condivisi. Evitando poi di dare il numero di telefono e gli indirizzi di casa e scuola a sconosciuti. Idem per le foto: quelle scattate con gli smartphone consentono di essere geolocalizzati. Mai, infine, scrivere sui siti che si è in vacanza: al ritorno ci si può trovare con la casa svaligiata».

I social? «Anche per gli adulti, apparire sui social soddisfa l’indole narcisista, afferma la propria esistenza», ha proseguito Caruso. I cyberbulli vomitano cattiverie prendendo a pretesto cose banalissime. Con il bullismo tradizionale le vittime si sentivano protette quando si trovavano tra le mura di casa. Con l’informatica non è più così: Internet ti insegue dappertutto inducendo, in casi limite, anche al suicidio».

Più volte l’esperto ha spronato i genitori a studiare i meccanismi della multimedialità in continua evoluzione, «potenzialmente pericolosi pure per gli adulti, per disporre degli strumenti per agire e dare informazioni adeguate ai ragazzi, che così non restano soli davanti a Internet. Dite poi ai vostri figli che verificate periodicamente la cronologia del Pc, che passate in rassegna i siti da loro visitati. Il controllo è percepito come una forma d’interesse». Ancora: «Prestate attenzione ai segnali di malessere, quali cali improvvisi del rendimento scolastico, il rifiuto di frequentare posti di aggregazione o di mangiare. Sono la spia che c’è qualcosa che non va».

Secondo ulteriori statistiche, il 15 per cento dei ragazzi si ritiene vittima di cyberbullismo. «I genitori», ha aggiunto Caruso, «non devono avere paura di affrontare le situazioni a rischio. Fate in modo che i vostri figli pratichino attività fisica, qualsiasi essa sia, poiché il 98 per cento dei ragazzi che ha problemi con la giustizia dichiara di non aver mai fatto sport». E poi c’è il nodo responsabilità: «Superati i 14 anni i ragazzi sono imputabili come qualsiasi altro cittadino. Pubblicare sui social un filmato o una foto scattata per strada senza autorizzazione è un reato punibile con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Se si ingiuria qualcuno si può incorrere in multa e reclusione fino a sei mesi. Raramente gli over 14 fanno la galera ma i genitori, o chi detiene la patria potestà, possono essere perseguiti civilmente per danno d’immagine». Caruso ha concluso scandendo a mamme e papà più regole "auree": «Motivate i ragazzi a non rimanere indifferenti alle ingiustizie, educateli al rispetto per l’altro e a ben relazionarsi anche in famiglia. Infine, non trasmettere rassegnazione ai nostri figli ma la voglia di combattere sui temi giusti». La serata era l’ultimo anello di una catena di iniziative messe in campo dalla scuola media Altichiero e dal Comune per sensibilizzare su cyberbullismo e sicurezza stradale, coordinate dalla professoressa Maria Arlacchi. P.T.

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