<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Parlano i veronesi re di X Factor

I Soul System:
«Fieri di essere
italiani e africani»

I Soul System, trionfatori di X Factor
I Soul System, trionfatori di X Factor
I Soul System, trionfatori di X Factor
I Soul System, trionfatori di X Factor

Reduci dalla vittoria di X Factor, i Soul System si sono raccontati  nel loro primo incontro da trionfatori del talent show di Sky.

 

Eccetto Alberto, i componenti della band sono tutti figli di immigrati ghanesi, provenienti dalla capitale Accra o dalla metropoli Kumasi, e sono cresciuti da italiani tra Verona e Brescia, come testimoniano i loro accenti.

 

Il rapper Samuel, in arte Don Jiggy, è il solo a non avere la cittadinanza italiana, essendo tornato in Ghana a studiare ragioneria e a lavorare in banca: «Nel 1987 ero l’unico nero nel mio quartiere e a scuola, eppure quando sono tornato in Africa la gente mi vedeva come diverso: se la mia prima lingua è l’italiano perchè non ho la cittadinanza?».

La vittoria del quintetto porta così un messaggio di integrazione: «Noi siamo fieri di essere sia africani sia italiani. Speriamo che la nostra vittoria dimostri che con la cultura e lavorando sodo si può fare qualcosa di importante chiunque tu sia e qualunque sia il colore della tua pelle - spiega Joel -. Vogliamo ispirare tanti ragazzini di colore che pensano di non potercela fare perchè nati in Italia».

 

E il messaggio di tolleranza e integrazione incarnato dalla band, per quanto apolitico, aspira ad arrivare «ai piani alti» e oltre la musica: «Forse non si può accogliere tutti i migranti, ma nemmeno respingere tutti: come è giusto fare beneficenza, così anche aiutare persone in difficoltà», dice David.

Alle radici di questa vittoria, un percorso di formazione lungo, partito dall’apprendimento dei rudimenti musicali nel contesto del culto evangelico («In chiesa si suonava ogni strumento», ricorda Joel) e culminato nell’incontro di Leslie, Joel, Alberto e Samuel nel loro studio di registrazione a Verona oltre un anno e mezzo fa.

A gennaio l’arrivo di David e la scelta di abbandonare i rispettivi lavori, nella contabilità in una nota catena di moda o in pizzeria, per inseguire il sogno: «I nostri genitori erano arrivati senza niente e sono riusciti a tirare su delle famiglie: noi volevamo fare qualcosa di ancora più grande», dice Joel. Quindi la chance di X Factor, iniziata con un’eliminazione prima ancora dello show: «Quando siamo stati richiamati eravamo di nuovo in strada, in Sardegna per fare 45 concerti in 40 giorni. Una volta entrati nel loft ci siamo detti che non saremmo potuti andare avanti se non per arrivare fino alla fine».

 

L’attitudine al lavoro con prove estenuanti e la gavetta sono state la chiave del successo secondo i Soul System: «Il contatto con il pubblico per noi è importantissimo, e all’inizio di X Factor eravamo quasi una band da sagra, ci mancava il lato discografico, che abbiamo sviluppato qui. Ieri in finale il livello era altissimo, alla fine ha vinto chi ha commesso meno errori: la gavetta ci ha dato sicurezza».

E ora, dopo il successo televisivo, questa carriera all’insegna dello swagga (africanizzazione originale del swag, lo stile della cultura hip-hop) si apre al grande pubblico con un contratto discografico e la promessa di Alvaro Soler di collaborare nel loro disco e invitarli ad aprire i suoi concerti a Milano e Roma (22 e 24 febbraio).

Ma un ultimo pensiero va ai Jarvis, band che proprio Soler aveva preferito a loro e la cui rinuncia ha riaperto le porte ai Soul System: «Gli manderemo un panettone per Natale!», scherza David.

Suggerimenti